Giovedì, 13 settembre 2007.

Già due giorni fa Paolo e Simonetta avevano avuto problemi con l'impianto elettrico della loro stanza. Durante la notte la luce era mancata e con l'impianto di condizionamento fermo c'era caldo. L'albergo, senza fretta, ha provveduto a ridare corrente alla stanza, ma ieri sera, quando sono tornati in camera la luce mancava di nuovo. Avvisata la reception, è arrivata una signorina con in mano un rotolo di nastro adesivo. Non era l'attrezzo più adatto a risolvere definitivamente l'inconveniente, ma evidentemente sapeva già come metterci una pezza. Ed infatti una pezza ce l'ha messa: ha bloccato col nastro un interruttore. Ora tutto funzionava ma pure troppo: quando si trattava di spegnere le luci, queste si spegnevano per un attimo e poi si riaccendevano. Soluzione disperata: bloccare il deviatore in posizione di equilibrio. Dopo essere riuscito a trovarla, Paolo ha passato la notte senza altri inconvenienti, ma alla mattina, quando ha riacceso le luci, la corrente è saltata di nuovo. Partiamo alle 9 e ci dirigiamo verso nord est. Giunti in un quartiere alla periferia della città, sulla sinistra scorgiamo l'ingresso di un campo da golf, unico presente in Armenia. Di fronte la villa, in stile neogreco con colonne scanalate e pesanti cancellate, di un ricco commerciante di materiale edilizio. Esempio perfetto di un povero che vuole far sapere a tutti di essere diventato ricco.

L'autostrada sale ed il nostro pullman arranca lungo la dura pendenza. Quando la lasciamo, svoltando a sinistra, ci fermiamo subito per visitare il parco delle lettere, costruito nel 2005 per celebrare il 1600° anniversario dell'invenzione dell'alfabeto armeno. Su piccoli tumoli di sassi sono state erette in pietra le lettere dell'alfabeto davanti alla statua del suo inventore: Mesrop Mashtots.

Proseguiamo il viaggio lungo una strada stretta inerpicandoci lungo le pendici della montagna davanti al monte Aragat. Il paesaggio è brullo. Vediamo solamente erba ormai secca per il pascolo degli animali.

I pastori hanno parcheggiato dei rimorchi carrozzati per ripararsi e hanno costruito gli stazzi per ricoverare gli armenti durante la notte. Sopra uno sperone di roccia, fra due torrenti scorgiamo il forte Ambert e davanti l'omonima chiesa. I due monumenti si trovano, rispetto al punto di arrivo contro sole: le prime ore del mattino non sono le più propizie per visitarli. Sarebbe stato più bello arrivare qui nelle ore vicine al tramonto.

Il forte è quasi distrutto. Pochi bastioni sono ancora in piedi .

Sono in corso dei lavori non per restaurare il monumento, ma per costruire bagni e negozi di souvenir tutt'attorno. Anche qui il turismo di massa sta arrivando e detta le sue regole che uniformano ogni cosa e trasformano tutto in un grande parco divertimenti. Giriamo attorno al forte dal lato sud ed arriviamo sino alla chiesa in pietra a forma di croce col tamburo ottagonale che regge la cupola, come la maggior parte delle chiese che abbiamo visitato.

Erminia scivola e batte tutte e due le ginocchia spellandole. Siede davanti alla chiesa e si consola dicendo: poteva andare peggio!

Alle 11,30 partiamo dopo aver recuperato tutto il gruppo senza altri feriti da aggiungere all'infermeria dove è già ricoverata Gina, il medico, che dopo aver curato la maggior parte di noi, oggi sta male. I medici dovrebbero partecipare alle gite di gruppo solo a patto di non rivelare la propria professione o di essere disposti a fare la parte del buon samaritano con continui consulti gratuiti. Lungo la strada del ritorno incontriamo un numeroso gregge di pecore che intralcia la strada. Nessuno degli animali sembra disposto ad abbandonare il nastro d'asfalto. Attraversiamo la città di Yuragan, dove si trova un osservatorio astronomico con un grande radiotelescopio. Arriviamo alle 12,20 alla città di Ashtarak.

Qui visitiamo prima la chiesa di Spitakavor, ormai in rovina che anticamente era a tre navate. L'ingresso anteriore è chiuso da massi di pietra, si entra solo dal fianco destro, passando sotto un pergolato d'uva, attraverso una porta con un'alta soglia di ingresso. All'interno solo la navata di destra è rimasta in piedi col soffitto, le altre due sono crollate. Nella parete opposta è ancora visibile il fonte battesimale.

Quando usciamo, davanti alla chiesa arriva in macchina un venditore di pomodori. Scarica una vecchia bilancia e vende ad alcune anziane donne i frutti per la conserva.

Un breve tragitto in pullman e nella medesima città arriviamo davanti alla chiesa di Karmravor, la più piccola dell'Armenia con il tetto ricoperto da tegole in laterizio ancora originali. All'ingresso del cortile alcune donne vendono per mille dram degli acquerelli naif della chiesa. Il sole è ormai alto e la temperatura è salita.

Risaliamo in pullman diretti a Oshakan, luogo della sepoltura di Mesrop Mashtots, inventore dell'alfabeto armeno. La chiesa è stata più volte ricostruita e la forma attuale è diversa da quella originaria, che si può vedere a fianco dell'edificio in un modellino in pietra posto su un basamento. Dal lato opposto sono disposte su nove file le 39 lettere dell'alfabeto scolpite su pietra con ricche decorazioni. Ripartiamo diretti a Yerevan dove arriviamo alle 14,15 per il pranzo nel ristorante Boisan, all'aperto sotto spioventi tettoie lungo la riva del fiume. I camerieri ci servono con una lentezza esasperante ed alle 16,30 siamo ancora a tavola.

Solo alle 17 rientriamo in albergo. In camera di Paolo la luce manca ancora e solo dopo vive proteste riesce a farsi cambiare la stanza. Tempo libero per fare quello che ognuno vuole sino all'appuntamento per la cena (stasera don Giancarlo ha deciso che si mangia pizza) è per le 21. Una breve rinfrescata ed assieme a Paolo e Simonetta usciamo per avventurarci nella città alla ricerca di mete turistiche. Chiamiamo un taxi e ci facciamo lasciare ai piedi del monumento costruito per commemorare i cinquanta anni del regime sovietico col proposito di scendere la cascata, una serie di terrazze collegate da scale che arrivano sino al centro della città partendo dalla collina sovrastante. Sotto alla colonna del monumento si trova la statua in bronzo che simboleggia un soldato romano di Botero e di fronte nei giardinetti la nave dello stesso artista. Cominciamo la discesa. La prima parte è resa difficoltosa per la presenza di un cantiere che sta rinnovando la parte terminale del monumento. Scendiamo man mano le terrazze con giardini curati e con le fontane che sono senz'acqua.

Tra un piano e l'altro è possibile passare anche con scale mobili interne. Dalla sommità della cascata si gode il panorama del centro della città. Ai piedi della scala un altro monumento in bronzo di Botero: il gatto. Un gruppo di ragazzi sta facendo delle foto accanto alla scultura e ci coinvolge in un gioco di fotografie incrociate. Consultata la guida, cerchiamo di scoprire alcune delle chiese sopravvissute alla distruzione sovietica. La prima che decidiamo di visitare è quella di San Zoravor Astvatsatsin. Dopo una non facile ricerca riusciamo a trovarla nascosta fra una serie di grossi condomini.

Proseguiamo la nostra gita portandoci dalla parte opposta rispetto al teatro, sino a giungere alla chiesa di Katoghike, sopravvissuta alla distruzione durante il periodo sovietico grazie alla decisa opposizione degli abitanti del quartiere. Arrivati all'angolo dove si trova la chiesa vediamo la punta della cupola ma tutt'attorno ci sono costruzioni o lamiere che impediscono il passaggio. Disperiamo di poter entrare, ma alla fine troviamo il cancello. L'area dove sorge la piccola chiesa, che faceva parte di un'altra più grande distrutta dai russi, è un cantiere e sono in corso lavori di restauro. Nonostante tutto il piccolo edificio è aperto al culto. Ritorniamo sui nostri passi e ci sediamo al tavolino di un bar davanti al laghetto di fronte al teatro. Cerchiamo un taxi che riusciamo a trovare solo in via Mashtots. Alle 20,15 stanchi ma contenti della nostra piccola performance rientriamo in albergo per tornare, dopo meno di un'ora, in via Mashtots ed andare a mangiare la pizza da Peppino.

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