Lunedì 14 aprile 2003. In passato la città era divisa in quattordici quartieri ognuno veniva identificato con un animale. Agli angoli dei palazzi vi sono i cartelli che ricordano le vecchie denominazioni: la strada del nostro albergo divide il castoro dall'asino. Da novembre a marzo il porto di Helsinki é chiuso al traffico marittimo. Sei sono i simboli della Finlandia: betulla, cigno, mughetto, pesce persico, granito e zampa di miele: l'orso. E' venuto a prenderci un pullman russo con due autisti: Edoardo e Alexiei. Alle 8.30 siamo tutti seduti e si parte. Dalle nuvole spunta a tratti il sole. Arriviamo alla periferia di Helsinki e Daniela, preso il microfono, chiede se abbiamo tutti il passaporto. Ognuno mette la mano in tasca e cerca. Qualche minuto di affanno poi sembra che tutti abbiano trovato il lasciapassare quando un allarme giunge dal fondo della vettura. |
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Luciano non lo trova: "L'ho lasciato in albergo!" esclama. Non ci rimane altro che girare il pullman e tornare al punto di partenza. No in albergo non c'è. Sarà nella valigia. L'autista la recupera dal bagagliaio e comincia un'affannosa ricerca. In vari si accalcano intorno a Luciano che con un braccio infilato nella valigia fruga invano. "Sarà nella busta che la Garden travel ci ha inviato con il programma di viaggio" suggerisce Pietro, ed ecco spuntare il prezioso libretto fra la gioia ed il sollievo generale. |
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Ripartiamo diretti a Porvoo, un piccolo ed antico borgo di lingua svedese il cui nome significa: castello sul fiume, dove si trova il porto. Le case in legno ed i magazzini si protendono dalla riva per caricare direttamente sulle barche le merci. In passato erano fiorenti i commerci di burro, pesce secco, catrame e pellicce. Scesi dal pullman raggiungiamo la chiesa. A fianco c'é il ristorante dove ci verrà servito il pranzo. Il sole é stato nuovamente coperto dalle nubi. |
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Proviamo ad entrare in chiesa per visitare il luogo sacro ma oggi lunedì fanno le pulizie ed il tempio é chiuso. Abbiamo un'ora e mezza di libertà per una passeggiata lungo le strade fiancheggiate da vecchie case tutte in legno. Passiamo dall'altra parte del fiume per osservare meglio i magazzini. Su questa riva stanno costruendo un nuovo quartiere con case moderne ma tutte fatte con lo tesso stile, in legno. Facciamo una puntata dentro un supermercato per fare provvista d'acqua. Daniela ci ha avvertito che a San Pietroburgo l'acqua non é buona ed approfittiamo di essere ancora in un paese che ha l'euro per moneta. |
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Qualche acquisto poi torniamo davanti al ristorante Gamla Lagmannen. Facciamo un ultimo tentativo per visitare l'interno della chiesa. La porta si apre. Fa capolino una matrona che pare fare cenno di entrare. Chiamo Betta che é rimasta qualche passo indietro e provo ad otrepassare la soglia d'ingresso, ma una seconda matrona più arcigna sbuca dal corridoio e ci impedisce l'accesso. A gesti ripete che é chiuso. Cerchiamo di convincerla ma non c'é niente da fare. Evidentemente non é un momento fortunato per visitare l'interno delle chiese. Entriamo nel ristorante, un'antica costruzione in legno molto bella datata 1790. Ci hanno riservato due sale al primo piano e la tavole sono elegantemente apparecchiate. Bella la porcellana decorata col simbolo del locale. Ci servono una potage di patate profumata con varie qualità di erbe. Come secondo piatto della carne bianca al curry con un contorno di broccoli e riso. La carne é sicuramente il petto di un grosso pennuto, dura da masticare e le congetture di quale animale si tratti sono le più disparate. Interrogato il proprietario dichiara trattarsi di pollo, ma crediamo che sia un'indicazione troppo generica e non esatta vista la dimensione dei pezzi. Riprendiamo il viaggio, passiamo attraverso un panorama fatto di qualche prato secco e di boschi di betulle, abeti e pini. Alle 16 arriviamo alla frontiera russa. Vediamo tre corsie per le auto, una per i camion e un'altra per i pullman. A cento metri dal posto di blocco c'é un semaforo per ogni corsia che dà l'avanti ad un mezzo alla volta. Il nostro segnale é rosso ed aspettiamo. Dopo una decina di minuti finalmente il segnale diventa verde ed avanziamo sino alla pensilina dove si trova una sbarra chiusa ed iniziamo una seconda attesa. Passano altri cinque minuti poi un funzionario entra nel pullman. Mentre rimaniamo seduti controlla i passaporti di ciascuno. Dopo l'emozione della mattinata ognuno dovrebbe avere il documento a portata di mano. In pochi minuti l'operazione termina e, molto prima di quello che eravamo preparati ad attendere, ripartiamo. Fatte poche centinaia di metri due militari fermano nuovamente il pullman e consegnano all'autista un foglietto. Allora abbiamo finito? No. Non abbiamo ancora cominciato! Il vero passaggio della frontiera lo dobbiamo ancora fare. Infatti dopo pochi chilometri una nuova serie di tettoie attraversa la strada. Ci viene consegnato un modulo da compilare: nome cognome, abbiamo qualche difficoltà di fronte al patronimico, data di nascita, sesso, numero del passaporto, cittadinanza, motivo del viaggio, indirizzo in Russia, periodo di soggiorno. Tutto in duplice copia. Poi tutti fuori dal pullman e gironzoliamo indecisi aspettando ordini precisi su quando iniziare a passare i controlli. Quando Daniela é pronta iniziamo a fare la fila. Una signorina ritira il visto d'ingresso e metà del questionario compilato. Timbra la seconda parte ed il passaporto, registra a computer il nostro nome e il visto d'ingresso. Ci muoviamo alle 17.30 locali. Fatti pochi metri ci fermano di nuovo, sale un militare e controlla se sul passaporto di ognuno é stato posto il timbro di ingresso. Ricapitoliamo: uno controlla che tutti abbiano il passaporto, un altro i visti e li registra, un terzo che tutte le operazioni siano state fatte: alla faccia della fiducia! Ma com'era prima della caduta del muro? |
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Arriviamo a Vyborg, città un tempo finlandese su cui svetta la torre del castello. Il cielo é plumbeo. Ci fermiamo davanti all'hotel Druzhba, dove ci attende la nostra guida Olga. Scendiamo pochi minuti. Tira un'aria che pela e anche se la temperatura non é più bassa di quella di Helsinki, per l'elevata umidità soffriamo maggiormente il freddo. Dobbiamo ancora percorrere 160 chilometri ed il nostro arrivo é previsto per le 21. |
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Il panorama che scorre davanti ai finestrini del pullman é sempre uguale: ai lati della strada boschi di betulle e abeti si alternano a pochi campi. La strada che alla partenza era a quattro corsie si é man mano ridotta a tre poi a due. Ai lati polvere e fango. A una ventina di chilometri da San Pietroburgo vediamo le prime dacie, vecchie case in legno contornate da detriti di ogni genere. Poi compaiono i primi casermoni tutti uguali. Ci fa impressione vedere che attorno a così grandi alveari, lontani dal centro, ci siano solo poche auto. La benzina costa 12 rubli al litro. Per noi potrebbe essere a buon mercato, ma per chi guadagna 7.000 rubli al mese é carissima. Attraversiamo la città, ha iniziato a piovere ma la Neva, il fiume che l'attraversa ci appare maestosa ed i palazzi che vi si affacciano stupendi. Alla 20.30 siamo in albergo. Prendiamo posto per la cena: un'insalata di verdura e mele, pollo fritto con riso scondito e granoturco, guarnito con due fette d'arancia, gelato e acqua minerale. Raggiungiamo le nostre camere e troviamo le valige. All'arrivo l'albergo sequestra i passaporti e i visti d'ingresso e sino alla partenza non ce li ridarà. Chi é stato qui vent'anni fa assicura che le abitudini erano le stesse: il lupo perde il pelo ma non il vizio. Qui siamo, qui dobbiamo cambiare i nostri soldi e da qui dobbiamo ripartire. In camera di Paolo e Simonetta é in corso un grappa party con biscotti e cioccolatini. Brindisi e foto ricordo. Riscaldiamo con la nostra presenza la camera all'inverosimile. Le finestre sul davanti dell'albergo sono sigillate ed il caldo nell'ambiente, quando li salutiamo, é diventato insopportabile. Dato che a Paolo piace, anziché augurargli buona notte gli auguriamo buona sauna. |
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