Sabato 24 luglio 2004

La giornata si presenta afosa. Ha fatto molto caldo questa notte. Nelle nostre cabine con l’aria condizionata si stava benissimo, ma Francesco, visto che la cabina per i marinai é ricavata in una angusto spazio a prua con accesso separato e senza climatizzazione, ha passato la maggior parte del tempo sdraiato in coperta.

Un'ultima partita a burraco

Alle sette e trenta siamo tutti in movimento, chiudiamo i bagagli e pian piano cominciamo a scendere. Francesco é andato a cercare un carrello. L’attrezzo é indispensabile per caricare le nostre dodici borse e portarle sino all’ingesso della marina che dista più di duecento metri.

Un ultimo saluto e ci avviamo. All’ingresso ci sono due taxi.

L’autista di uno dei due afferra le borse e le ripone nel bagagliaio mentre noi cominciamo a salire sulla macchina. A questo punto o si rende conto che siamo in cinque e non ci stiamo tutti o più probabilmente ha trovato un cliente migliore Scarica tutte le borse e a gesti cerca di farci capire che di lì a poco sarebbe arrivato un altro taxi. Insieme alla seconda macchina, che avremmo preso anche noi, carica altra gente e se ne và. Rimaniamo interdetti e non siamo nemmeno certi di aver capito bene. Restiamo sotto il sole ad aspettare. I minuti passano e cominciamo ad agitarci.

Quando stiamo per chiedere all’ufficio della marina di chiamarci altre due vetture, arriva una monovolume a sette posti che ci carica e per quaranta euro ci porterà al deposito bagagli davanti alla stazione marittima. Facciamo non poca fatica a consegnare le borse. Il deposito é pieno e l’addetta, che non sa dove mettere le nostre, fa passare avanti a noi i clienti per la riconsegna. Dopo una buona mezz’ora sbarriamo la finestrella della consegna e facciamo capire alla corpulenta signora che sta dall’altra parte, che non avremmo permesso la consegna di un’altra valigia se non avesse accettato le nostre.

Facciamo il ceck-in per l’imbarco ed iniziamo la visita del centro della città che si trova a due passi. Il sopralluogo di ieri ci permette di guidare Piersandro e Mariangela con precisione. Saliamo dalla porta a mare sino al Peristilio e di qui giriamo a destra ed entriamo nella cattedrale, in origine mausoleo di Diocleziano. La cupola dell’edificio é fatta con mattoni disposti a ventaglio che sono visibili dall’interno. Proseguiamo la visita della cattedrale ed ammiriamo il tesoro con antichi manoscritti, pianete ricamate e reliquiari in argento.

Piazza Narodnic

il mausoleo ora cattedrale di San Doimo

Usciti decidiamo di salire sul campanile per vedere la città dall’alto. La salita mette a dura prova sia le nostre ginocchia, per l’altezza dei primi gradini in pietra, sia il senso di vertigine, per le scale in ferro che partono dalla cella campanaria e proseguono a fianco delle pareti della torre aperte in più punti. Sembra di camminare sul vuoto.

Appena scesi suonano contemporaneamente i cellulari di Betta e Gherardo. E’ Brunella che con un messaggio ci avverte che qualcuno ha dimenticato la giacca a vento nell’armadio della dinette.

Piersandro ringrazia e risponde che nel primo pomeriggio tornerà in barca a riprenderla.

“Ma perché l’hai messa lì?” chiede Mariangela, “non era il nostro armadio!”

“Le giacche impermeabili vanno riposte nell’armadio del quadrato” sentenzia da buon ufficiale di marina Piersandro. Certo a patto di ricordarlo. Ma non sarà la sola cosa dimenticata. Michele ha lasciato i guanti da vela e Betta il contenitore del ragù.

Proseguiamo la visita lungo le strette vie del palazzo, visitiamo a pagamento il tempietto di Giove, poi quando il calore diventa quasi insopportabile, entriamo nei sotterranei del palazzo imperiale.

L’imponenza dei pilastri e delle volte fa capire quanto doveva essere maestosa la costruzione che si ergeva sopra.

Ormai é l’ora di rifocillarsi e cerchiamo un localino. Siamo incerti nella scelta e non sappiamo quale scegliere. Gherardo si ricorda che siamo passati davanti ad una pizzeria situata in un palazzotto veneziano vicino alla porta nord. La raggiungiamo e troviamo posto.

Stiamo al fresco sotto un porticato, beviamo e mangiamo bene spendendo una cifra abbordabile.

Piersandro ci lascia diretto alla barca, mentre noi ci dirigiamo verso l’imbarco sul traghetto.

Recuperiamo i bagagli. Il costo della custodia di 20 Kune (circa tre euro) per collo supera quello del pranzo.

L’attesa per l’imbarco si fa più lunga del previsto e alle 17 non hanno ancora aperto le porte per il disbrigo delle pratiche doganali. Alle 17,30 con mezzora di ritardo salpiamo.

La nave ad idrogetto corre a trenta nodi sull’acqua. Inganniamo l’attesa guardando due film che vengono diffusi sui monitor dei saloni, ma il volume dell’audio é così basso che comprendiamo solo poche parole.

Nel settore che abbiamo scelto l’aria condizionata non funziona. Ci eravamo preparati a patire un gran freddo, viste le informazioni che ci avevano dato Michele e Cristiana, mentre invece boccheggiamo.

Grossi nuvoloni si addensano sulla costa italiana, comincia a piovere e il mare si alza. Il traghetto deve diminuire la velocità ed il ritardo aumenta. Sbarchiamo alle 23,30. Chiamiamo due taxi e raggiungiamo le nostre macchine alla Marina Dorica.

Ci salutiamo.

E’ stata una crociera molto bella e siamo stati fortunati per il tempo: mai una nuvola, vento nei momenti giusti e mare sempre calmo.

Che ne dici Piersandro se quest’inverno raggiungessimo Francesco e Brunella ai Caraibi?

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