Domenica 14 marzo 2004 Prepariamo i bagagli che vengono caricati sul pullman mentre prenderemo un mezzo diverso. Di fronte alla piscina, sulla riva della laguna c’è un pontile e lì ad aspettarci è ormeggiato un battello per un giro sulle Backwaters. Alle 8,30 siamo tutti seduti sul ponte della barca ma manca una persona. Carla non si vede. Passati dieci minuti cominciamo a preoccuparci. Daniela scende in perlustrazione e la trova seduta in pullman meravigliata che nessuno fosse ancora salito. |
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Iniziamo
una navigazione prima attraverso la laguna, poi seguendo larghi canali. Lungo
la sponda qualche costruzione che assomiglia più ad una baracca che ad una
casa ed al di là, più bassi del livello dell’acqua, dei campi coltivati. |
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Proseguiamo
imboccando un canale più stretto contornato da case in muratura e popolato.
Alcune barche stanno trasportando zolle di terra per rinforzare gli argini in
previsione dell’arrivo dei Monsoni e della stagione delle piogge che inizierà
a giugno. Le donne davanti a casa lavano i panni strofinandoli e sbattendoli
su una pietra posta a fianco della scala che parte dall’acqua ed arriva
davanti all’ingresso della casa. |
Usciamo
dal canale e ne imbocchiamo un altro più ampio lungo il quale scorgiamo,
ormeggiate a fianco delle sponde, delle case galleggianti, grossi barconi dal
fondo piatto, coperti da un ampia tettoia di foglie di palma intrecciate
disposte ad arco. Alle 11 il nostro giro finisce e sbarchiamo a Allappuzha. |
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Nel
luogo dell’appuntamento il pullman non c’è ancora. Pare abbia avuto un
inconveniente tecnico. Durante l’attesa che comincia ad allungarsi, facciamo
la gioia delle bancarelle locali, comprando tutte le bottiglie d’acqua fresca
disponibili sul mercato. Non abbiamo notizie precise sul pullman: forse ce ne
manderanno un altro. Invece dopo poco eccolo arrivare e felici esultiamo. Se
avessimo capito subito quale era il guasto e che non era stato riparato,
avremmo esultato molto meno. L’impianto di aria condizionata non funziona e
la temperatura esterna è di 34 gradi con un’umidità dell’85%. Trasferimento
all’albergo “Le Meridien”. dove arriviamo alle 12,30. Alle 14 iniziamo la
visita di Cochin. Abbiamo una nuova guida Jose k.p. Kalley. Ha uno stile
diverso da Santa e sembra più abituato a lavorare con gruppi numerosi. Comincia
con una breve introduzione sulla storia di Cochin, città portuale posta
all’estremità settentrionale della laguna di Vembanad, costituita
principalmente da due agglomerati urbani: Ernaculam a est sulla terraferma e
Kochi, città storica sulla penisola di Mattancherry, prospiciente al mare
arabico. La fortuna della città è iniziata con la distruzione, per una piena
del fiume Periyar nel 1340 d.C., del porto di Kondungallur. A Cochin sbarcano
i Portoghesi all’inizio del sedicesimo secolo, poi nel 1663 gli Olandesi si
impadronirono della città, che divenne nel 1795 protettorato inglese. Il
nome della città è probabilmente di origine cinese, qui una comunità di
questa nazionalità si è stabilita da secoli e a ricordo rimangono le antiche
reti a bilancia visibili sulla riva settentrionale di Fort Cochin. Le
manovrano a mano cinque o sei uomini aiutati da una serie di pesi che con
alcune corde sono agganciati al bilanciere posto sulla riva. Poco
lontano la chiesa di St. Francis dove si trova il sepolcro vuoto di Vasco de
Gama che qui morì. Possiamo darle un’occhiata solo dall’esterno. Oggi è
domenica e l’edificio è riservato al culto. Risaliamo
sul pullman e, sempre nel centro storico della città, ci fermiamo davanti al
Mattancherry Palace. Palazzo
del Raja costruito dai Portoghesi che ne fecero dono al sovrano
Virakelavarman nel 1555. Il palazzo è detto Palazzo degli Olandesi che lo
restaurarono ed ampliarono nel 1663. E’
circondato da un muro di cinta con un portale chiuso da un cancello. Le
due ante sono congiunte da una sbarra orizzontale a circa un metro e trenta
da terra, lunga non più di cinquanta centimetri, inchiavardata da una parte
ed assicurata all’altra anta con un lucchetto. Ciascuno è costretto a
piegarsi e a girarsi di fianco per passare uno alla volta. Che abbiano perso
la chiave del lucchetto? No lo fanno apposta sostenendo di usare un simile
metodo per non far passare gli animali. All’interno dell’edificio ci
affascinano gli affreschi che narrano alcuni episodi del Ramayana. |
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Attraversiamo
nuovamente le forche caudine del cancello e sempre girando a destra arriviamo
al termine della strada davanti all’ingresso della Sinagoga situata in un
edificio bianco senza particolari decorazioni. E’ costituita da una sala con
due pulpiti uno per gli uomini, uno per le donne situato su un soppalco sopra
all’entrata. Al pavimento mattonelle cinesi bianche con decorazioni blu ed
appesi al soffitto elaborati lampadari di Murano. |
Al
posto di quelli ebraici, una serie di negozi con i consueti articoli per
turisti ed una serie di antiquari. Le signore si dedicano agli ultimi
acquisti, ma c’è poco tempo. Dobbiamo assistere allo spettacolo del Katakalì
(rappresentazione di storie) Più che una danza si tratta di una
rappresentazione rituale dove la mimica, il trucco ed i gesti hanno un ruolo
fondamentale. Assistiamo a tutta la preparazione degli attori che si truccano
davanti a noi. Questa fase, se pur interessante si protrae a lungo e molti di
noi abbandonano la sala alla ricerca di un tuc-tuc per tornare in albergo e
godersi la magnifica piscina. Per
i pochi rimasti lo spettacolo si apre con un esempio delle espressioni che i
ballerini assumono durante la danza, poi finalmente ecco i protagonisti,
trasformati dal complicato trucco e dai ricchi costumi, narrarci una storia
di distruzione del male e risurrezione del bene con l’accompagnamento del
centa, un tamburo cilindrico suonato con bacchette ricurve ed i cennalam, due
piccoli gong di ottone. Dovrebbe aiutare la comprensione della storia, il
canto di una monotona nenia narrante. All’arrivo
in albergo ci aspetta l’ultimo pasto e l’ultima fatica: valige pronte fuori
dalla stanza alle 22,15. |
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