Lunedì 12 marzo 2007.
Alle 9,15 partenza. Questa notte è piovuto ed adesso ricomincia. L'autista non aziona i tergicristalli, probabilmente sono rotti. Ci meravigliamo di come riesca a vedere la strada. Fatichiamo un poco ad uscire dalla città, il traffico è sempre caotico. La nostra prima meta è Fatehpur Sikri (la città della vittoria) distante 35 chilometri da Agra, progetto ambizioso dell'imperatore Akbar. Una città intera completa di edifici privati, amministrativi, commerciali e religiosi costruita in pochi anni a partire dal 1571. La città dopo la morte di Akbar venne abbandonata nel giro di pochi anni ed ecco perché Dash l'ha definita la città morta. Gli edifici costruiti in arenaria rossa sono pressoché intatti. Alex ci presenta una novità: Dash verrà dotato di un microfono e di un amplificatore portatile per meglio farsi intendere. Potenza della tecnologia! Ma di lì a poco la tecnologia all'avanguardia viene miseramente sconfitta: c'è vento, che entrando nel microfono provoca disturbi rendendo inutilizzabile l'aggeggio.

Proseguiamo la visita lungo i cortili, le tettoie ed i porticati. Il posto bellissimo dà un'impressione di non finito, di non abitato e poco pratico per la vita quotidiana di un'intera reggia.
Sono in corso lavori di restauro e gli scalpellini stanno ricostruendo dei particolari mancanti.

Usciamo dal primo gruppo di edifici e ci spostiamo verso la moschea.

Nel tragitto ci disperdiamo e quando entriamo, dopo esserci tolte le scarpe, pensiamo di essere gli ultimi del gruppo e ci affrettiamo per raggiungerlo. Veniamo presi in custodia da una serie di ragazzi che dichiarano di far parte della scuola coranica ed affermano che vogliono accompagnarci per migliorare la conoscenza delle lingue e di non volere denaro. Ci conducono alla tomba del santo Sufi Salim Cristi, una bianca ed elegante costruzione in marmo sulla destra del cortile con un porticato interno chiuso da grate finemente intagliate. Il monumento che racchiude la tomba del santo è rivestito di madreperla.
Il pavimento del cortile è ancora in parte bagnato per la recente pioggia e bisogna fare attenzione dove appoggiare i piedi.
Sul lato opposto all'ingresso visitiamo la cappella che indica la direzione della Mecca. Di Dash e del gruppo nessuna traccia. Vediamo qua e là alcuni di noi sparpagliati. La nostra guida non ci ha accompagnati nella moschea e ci ha lasciati inspiegabilmente in balia di una frotta di petulanti ragazzini che ci assediano da ogni parte.
Quando usciamo il ragazzo della scuola coranica che ci ha accompagnati e che diceva che non avrebbe voluto rupie ora vuole euro e ne pretende dieci. A chi ci ha badato le scarpe la mancia che lasciamo non basta. Lungo il resto del tragitto che ci separa dal pullman l'assalto continua senza sosta. Forse la ragione per cui Dash non ci ha accompagnatiè che anche lui sarebbe stato impotente ad arginare la petulanza e l'aggressività dei locali.

Alle 12,30, dopo essere entrati in Rajastan, ci fermiamo per il pranzo a Bharatpur nella reggia di un maharaja ora trasformata in albergo il Laxmi Vilas Palace. Alcuni approfittano del sole che è tornato per una nuotata in piscina o per fare un bagno di sole.

Poco dopo le 14 si riparte. Ci aspetta un lungo tragitto di 184 chilometri. I lavori in corso per raddoppiare la larghezza della strada rallentano ulteriormente la marcia. A fianco della strada campi di grano ancora verde e segale. Vediamo da lontano una serie di ciminiere che preannunciano il passaggio in una zona dove vengono preparati i mattoni. Ci incuriosisce la presenza di dromedari che qui vengono impiegati non solo come bestie da soma ma anche per tirare i carretti. Incontriamo una lunga fila di questi animali. Il pullman si ferma per farci fotografare la scena e scendiamo rischiando di venire investiti dai mezzi che transitano nelle due direzioni e nonostante l'ostacolo costituito dal nostro pullman non rallentano. E' qui che diamo prova di essere dei veri turisti che non temono di buttarsi sotto un camion per fotografare un dromedario.
Dromedari o cammelli, come non confonderli? Tullio ci spiega che glielo ha insegnato la maestra: cammello due emme ha due gobbe, dromedario una emme una gobba sola.
Il nastro di asfalto è pieno di buche e gli occupanti delle ultime file soffrono i sobbalzi ed il caldo che si forma verso il fondo.
Ricomincia a piovere forte e l'acqua entra dai finestrini aperti. Una volta chiusi non si respira più.
Alle 19,30 arriviamo all'hotel Clarks Amer. L'ampio salone di ingresso nasconde una misera sala da pranzo. A due coppie del gruppo toccano due suite a due piani. Bellissime da vedere ma al primo impatto ci sembrano poco funzionali. Al piano inferiore si gela ed a quello superiore si soffoca. Solo un filo d'acqua calda esce dal rubinetto.
Arriva un inserviente, svita i filtri, li pulisce e la portata d'acqua aumenta impercettibilmente.
Nell'albergo non ci sono altre stanze libere e Alex è già stato impegnato abbastanza dal problema di Carlotta che deve essere ricoverata in ospedale.
Domani sveglia alle 6,45. Anche se non ci sposteremo da Jaipur il programma delle visite è molto intenso.

 

Martedì 13 marzo 2007
Alle 8 comincia la visita. Durante la notte un violento temporale si è abbattuto sulla città e alcuni rami spezzati sono a terra. L'albergo si trova in una zona periferica ed impieghiamo un po' di tempo per raggiungere il centro.

Ci fermiamo davanti al Hava Mahal, il palazzo dei venti, gigantesca cortina che permetteva alle donne della corte di assistere alle parate reali o alla vita quotidiana della città senza essere viste. Al di là della facciata di colore rosa e bianca, non esiste un palazzo. Facciamo subito questa visita per approfittare della miglior illuminazione che c'è nelle prime ore mattutine.

Per ammirarla siamo costretti ad attraversare la strada e non è impresa facile. Nonostante siamo in molti, nessuno si ferma, anzi tutti continuano ad avanzare alla stessa velocità e si attaccano al clacson. Scattiamo tutti le foto rituali: A Luciana sfugge di mano la macchina digitale e cade a terra. Purtroppo l'impatto avviene con l'obiettivo aperto che si piega e addio foto. E' disperata, si informa dove possa trovare un fotografo che possa riparargliela per andarci subito, ma intervenire sulle nuove macchine fotografiche non è facile e nessuno qui è attrezzato per farlo.
Proseguiamo diretti ad Amber che si trova a 11 chilometri dalla città verso la collina. Entriamo in una stretta gola e scorgiamo il palazzo fortezza dei Kachvaha.

Qui è stata organizzata una elefantovia che partendo dal fondo della valle sale passando attraverso due porte della fortezza sino al cortile. Decine di animali procedono lungo la strada, pieni di turisti sul lato sinistro e vuoti sulla destra. Per salire sugli animali c'è un terrazzo a cui le bestie man mano si accostano e due alla volta le persone prendono posto sulla cesta metallica che si chiude con un gancio.

Alla partenza, come nelle migliori stazioni sciistiche durante le vacanze di Natale, una fila impressionante in attesa del proprio turno. Mi domando quale sia la portata oraria dell'impianto.
Alle nove scendiamo dal pullman ed iniziamo a fare la fila per salire sugli elefanti. In meno di quaranta minuti siamo in groppa all'animale. L'esperienza è divertente ed il caracollare dell'elefante ci sballotta a destra e sinistra a tal punto che, mentre sono impegnato a fare le riprese, la borsa con gli accessori della videocamera scivola dalla spalla e cade a terra.

Do subito l'allarme ed il conducente dell'animale che ci segue dà gli opportuni ordini all'elefante che con la proboscide la raccoglie. Ringrazio con una buona mancia chi ha salvato i nastri del viaggio girati sin qui. All'arrivo un nuovo terrazzo su cui scendere.
Saliamo dal cortile verso la fortezza percorrendo un passaggio in salita.

Arrivati alla sommità Dash ci invita ad entrare sotto un porticato dove ci sono delle panche per toglierci le scarpe. Ma come, ieri ci aveva detto che per la visita di oggi non sarebbero serviti i calzini o le soprascarpe e di lasciarli in albergo ed ora dobbiamo girare per tutta la fortezza scalzi?
No il rimanere a piedi nudi serve solo per entrare in un piccolo tempio dedicato alla dea Kalì, così non servono i calzini o le soprascarpe, ma per il resto della fortezza l'uso delle scarpe è consentito.
Entriamo nella fortezza dalla Porta del Leone (Sing Pol). Sul lato est si trova l'imponente Divan-i-am, la sala delle udienze pubbliche aperta su tre lati in stile Moghul.
Attraverso il Ganesh Pol entriamo negli appartamenti privati del maharaja. La statua del dio è posta al centro dell'arco. Dash ci racconta come il figlio del dio Shiva, posto da Parvati a guardia dell'ingresso della casa, si sia rifiutato di far entrare persino il padre, che è stato costretto ad ucciderlo mozzandogli la testa. Parvati dopo aver pregato Brama di far rivivere il figlio ha ottenuto la grazia: "Andate e mettete sul collo del corpo la testa del primo essere che incontrerete ed il bambino rivivrà." Il primo essere incontrato fu un elefante e così il dio con la testa di elefante è stato posto a protezione degli ingressi delle case.
Arriviamo di fronte ad un piccolo giardino attorno al quale si sviluppano gli appartamenti regali.

Le stanze sono state concepite per il refrigerio dei principi: da una cisterna scendevano cascatelle d'acqua attraverso aperture sui muri di marmo.
Proseguendo verso sud si entra nella Zanana (gineceo). Al piano terra le stanze delle principesse, al piano superiore quelle delle concubine. Gli appartamenti sono collegati da stretti passaggi. Al centro della corte un padiglione. Saliamo al piano superiore e torniamo nel primo cortile dopo essere usciti sui balconi che si affacciano sulla antica via d'accesso al palazzo.

Nella parte est del cortile si trova il Shish Mahal, rivestito di specchi con vetrate colorate. Belli i bassorilievi in marmo con decorazioni floreali. Curiosa quella che sembra un fiore, coprendone alcune parti appare la testa di un elefante, la coda di uno scorpione o due cobra.

Usciamo dal palazzo e scendiamo a piedi.

Petulanti venditori che già ci avevano assillato mentre facevamo la fila per salire sugli elefanti ci propongono gli stessi oggetti: magliette, braccialetti, elefantini, rudimentali strumenti musicali ad arco...

A questi si aggiungono i fotografi che ci hanno immortalato mentre eravamo in groppa agli elefanti.
Raggiunto il pullman, alle 12,30 partiamo ed attraversiamo nuovamente la città per andare a pranzare al ristorante Spice Court. Dopo avere dato uno sguardo da lontano al Jal Mahal (Palazzo nell'acqua), alle 14,15 scendiamo dal pullman ed entriamo nel Jantar Mantar, l'osservatorio astronomico voluto da Jai Sing II. Poco dopo comincia a piovere. Dash ci aveva avvertiti e siamo preparati. Ci incappucciamo ed apriamo gli ombrelli. La pioggia è breve ma intensa, cade anche qualche chicco di grandine. Dopo poco ritorna il sole e Dash continua a spiegarci l'utilizzo degli strumenti che svolgevano sia funzioni astronomiche sia astrologiche.
Entriamo nel City Palace, dimora del Maharaja di Jaipur attraverso la Atish Pol. Una parte del complesso è ancora riservata all'attuale maharaja.
Nel centro del primo cortile si trova il Mubarak Mahal (Palazzo del buon augurio) dove sono conservati abiti appartenuti ai vecchi maharaja.
Per poter usare la telecamera sono necessarie 200 rupie e Dash ce lo sconsiglia perché sono poche le occasioni per usarla. Attraversata la Sarhadki Deohri (Porta di frontiera) entriamo in un secondo cortile dove si trova la sala delle udienze private (Divan-i-khas). Sotto al porticato due enormi urne in argento. Da un angolo del cortile si accede alla sala delle udienze pubbliche. Enormi tappeti del '600 sono ora appesi alle pareti. Nell'angolo opposto si entra nel Pritam Nivas Chowk (cortile della dimora prediletta) meglio conosciuto come cortile del pavone, con quattro portali decorati che raffigurano le quattro stagioni.
Il programma di Dash prevede di portarci a vedere un emporio dove vengono lavorate le pietre preziose.
Noi preferiamo fare quattro passi lungo la strada che fiancheggia il palazzo del vento. Appuntamento dopo un'ora alle 18,15.
Qui non siamo attaccati dai soliti venditori ambulanti, si rivolgono a noi i giovani davanti ai negozi che cercano di farci entrare, e l'invito non è né petulante né scortese. Alle 19 siamo in albergo. Carlotta è tornata dalla clinica ma non potrà riprendere il tour. Si fermerà qui qualche giorno per riprendersi e ci raggiungerà insieme a Marianna a Delhi.
Mostriamo agli amici la nostra suite su due piani. Un ambiente moderno e raffinato. Adesso abbiamo imparato ad usare al meglio i condizionatori e la temperatura sui due piani è uniforme. Infine con uno stratagemma siamo riusciti a far arrivare la poca acqua calda alla doccia.
Dopo cena troviamo in corridoio, poco prima della porta della nostra stanza, un soldato che con un fucile fa la guardia seduto su una sedia. Deve essere arrivato un personaggio importante, la guardia armata non è stata messa certo per noi!

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