Giovedì 15 marzo 2007
Sveglia alle 6,15. Il sole sta sorgendo, fa freddo ma si preannuncia una magnifica giornata. Alle 7,35 si parte per la tappa più lunga. La proposta della rotazione dei posti ha spaventato chi è sempre riuscito ad occupare le prime file ed oggi ha adottato una tattica diversa: ha occupato i posti centrali del pullman, sicuro così che non li dovrà scambiare con quelli del fondo.
Proseguiamo fra due catene di alture, lungo una strada che, seguendo la naturale ondulazione del terreno, si snoda con una serie di curve e dossi. Tutt'attorno alberi e campi. Quindi la valle si allarga e la strada diventa meno tortuosa. Alle 8,15 passiamo a fianco di Ajmer e proseguiamo verso nord est.
Sino ad incontrare di nuovo il bivio di ieri sulla strada che collega Jaipur ad Udaipur e svoltiamo a destra. Qui il traffico aumenta ed incontriamo una serie di camion che procedono nei due sensi di marcia. Ogni sorpasso ci sembra un azzardo ed un attimo prima dello scontro frontale il nostro mezzo rientra.
Alle 8,30 i cartelli indicano che mancano 288 chilometri alla nostra meta se dovessimo procedere diritti. Bruno propone di saltare la visita al tempio di Ranaipur e di andare direttamente ad Udaipur per goderci il lago e la piscina dell'albergo, risparmiando quattro ore di viaggio. L'esuberanza e la fantasia di Bruno lo spingono a proporre soste o cambiamenti di programma che cadono nel silenzio. Ma il programma è il vangelo da cui la guida non si può discostare.
Gli autisti dei mezzi in sosta forzata ai margini della strada usano al posto del triangolo rosso un metodo più efficace: una serie di pietre disposte sull'asfalto e protezione loro e del mezzo fermo.
Alle 9,30 sosta en plein air. I bagni sono dietro una siepe di piante grasse.
Una frotta di ragazzini ci raggiungono dal vicino paese. Si avvicinano timidamente e sorridono.
Alle 10,45 passiamo Jassa Keda, piccolo villaggio lungo la strada sulle prime colline rocciose. La strada a due carreggiate ha un buon fondo e comincia a salire leggermente. Ieri, durante la sosta l'autista e l'assistente hanno cambiato la ruota col copertone rotto e le vibrazioni sono diminuite.
La valle si allarga di nuovo e a fianco della strada vediamo campi di grano ed alberi.
Il traffico dei camion è diminuito e il pullman procede più speditamente.
Alle 11,30, quando siamo a 127 chilometri da Udaipur svoltiamo a sinistra diretti a Deogarh per il pranzo.
Il pullman si ferma fuori dal paese a fianco di un piccolo lago artificiale. Saliamo su tre gipponi che ci portano sul punto più alto dove si trova la dimora del maharaja locale ora trasformata in un albergo il Deogarh Mahal. La sala da pranzo è posta al primo piano. Mi affaccio sul terrazzino per riprendere il bel cortile e vengo attaccato da una decina di api selvatiche che hanno giudicato il mio gesto minaccioso per il loro alveare. Rientro immediatamente e mi spoglio velocemente. Alcune sono entrate nei vestiti per pungermi. La rapidità con cui sono rientrato e mi sono liberato dei vestiti ha consentito di limitare a solo due punture i danni.
Dopo che i gipponi ci hanno riportato ai pullman ripartiamo diretti a Ranakpur che dista 100 chilometri.

Il tempio Jain si trova in una tranquilla valle appartata. Per raggiungerla il pullman percorre una strada che prima sale ripida i monti Aravalli poi precipita a valle in pochi chilometri. Il tempio di Chaumukha (dalle quattro aperture o dai quattro volti) a pianta cruciforme simmetrica ha nel centro la quadruplice immagine di Adinath, a cui è dedicato. Dopo aver pagato 150 rupie per poter usare la videocamera, tolte le scarpe, tolta la cintura, perché dentro al tempio non possono entrare parti di animali morti o cibi, entriamo passando i controlli degli addetti.

Remo che aveva infilato le scarpe nella borsa deve tornare indietro e lasciarle ai piedi della scalinata di ingresso.
Un giovane bramino mi avvicina sorridente e prima che io possa fermarlo mi segna la fronte con una pasta giallo ocra e con discrezione scopre una ciotola di metallo nascosta da un drappo della veste con a fianco alcune banconote arrotolate per chiedermi un'offerta.
Riprendo l'interno del tempio in pietra riccamente decorato di motivi geometrici e floreali da ogni angolazione possibile.
Poco dopo la nostra partenza quando il sole sta tramontando, ci fermiamo per fotografare una coppia di buoi che sta azionando una pompa a barattoli. Seduto sul timone un vecchio. Quando ci avviciniamo chiede denaro e nel frattempo sbucano dal nulla un gruppo di ragazzini.
Scavalchiamo il passo situato a 1070 metri di altitudine. Il tempio era a 400, quando saremo ad Udaipur ci troveremo a 650.
Incrociamo la superstrada a quattro corsie in costruzione e ne percorriamo brevi tratti, la maggior parte piena di polvere e buche.
Alle 20 arriviamo ad Udaipur all'hotel The Grand Laxmi Vilas Palace, ricavato in una reggia di un maharaja con una splendida vista sul lago, stanchi dopo più di dodici ore dalla partenza, nove ore trascorse in movimento al netto delle soste, con un percorso di meno di 400 chilometri tenendo una media di circa 43 chilometri orari.

 

Venerdì 16 marzo 2007
Alle 8,45 lasciamo l'albergo, attraversiamo la città ed arriviamo sulla riva del lago Pichola dove si trova il City Palace. Enorme complesso, dimora del maharana. La parte settentrionale è stata adibita a museo ed è visitabile, quella meridionale è privata ed è presidiata dalla guardie.
La solita tassa per poter usare la videocamera stavolta ammonta a 200 rupie. Man mano il balzello cresce e la voce nei costi del viaggio sta ormai raggiungendo quelli dell'acqua minerale che sono diminuiti anche perché in questo viaggio abbiamo trovato spesso in camera le bottiglie di cortesia.
Dash si dilunga in spiegazioni fermandosi nel cortile davanti al palazzo, nell'ingresso e nelle sale di quello che viene definito un museo ma che di museo non ha quasi nulla se non qualche quadro che rappresenta in modo dettagliato episodi e gesta della vita dei maharana che hanno abitato il palazzo, quattro frecce, un archibugio e una corazza a maglie di ferro.

La vera attrazione è il palazzo e la vista che man mano si apre dalle finestre aperte sulla città o sul lago.

Attaccati ai cornicioni enormi favi di api selvatiche che svolazzano minacciose. Bellissime le siepi di buganville all'ingresso del percorso di visita.

Alle 11,30 il pullman ci viene a riprendere ed usciamo dalla città per dirigerci al paese di Kelashpuri per la visita del tempio di Ek-ling-gii, dedicato a Shiva, costruito nell'ottavo secolo.

Attraversiamo una zona dove vediamo molte rivendite di marmo in lastre, principalmente bianche o verdi. La strada si inerpica sulla collina e si fa tortuosa. Passiamo il passo ed arriviamo nella piccola città. Scendiamo ed attraversiamo il paese passando davanti a negozi di ogni genere. Nel tempio si può entrare solamente a piedi nudi. Non solo non si possono fare fotografie ma nemmeno portare macchine fotografiche. Entriamo dentro alla cinta che nasconde la costruzione passando attraverso una porta. Dopo esserci messi tutti a piedi nudi passiamo in mezzo ad una serie di donne che con un acuto vociare ci propongono l'acquisto di collane di fiori da donare al tempio. Lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi è affascinante. Il tempio è raccolto ed invita alla meditazione. I fedeli entrano al centro del porticato e si inginocchiano raccogliendosi in preghiera: Noi giriamo attorno e sfiliamo davanti alla statua del dio. Un bramino offre una collana di fiori ed imprime il pollice al centro della fronte lasciando il segno di una pasta ocra. Chi vuole lascia un'offerta. Avverto un'atmosfera di raccoglimento e di preghiera che poche volte ho sentito in questo viaggio. Torniamo all'esterno e riprese le scarpe risaliamo sul pullman.

Poco lontano di fianco ad un piccolo lago ci sono i Sas Bahu Temples (tempio della suocera e della nuora).
Nel complesso, il primo costruito nel nono secolo, il secondo nel decimo non si pratica più il culto e i manufatti sono stati dichiarati monumenti nazionali.
Bellissime le sculture anche se hanno subito l'oltraggio del tempo e degli uomini.

Alle 14 rientriamo in albergo per il pranzo ed un po' di riposo. Alle 16,30 si riparte per una gita sul lago Pichola.
Ma prima c fermiamo al Royal Arts & Crafts, un negozio di tessuti dove è possibile ordinare, dopo aver scelto la stoffa, un abito su misura. Tullio dopo aver scelto un abito in seta nera ed essersi fatto prendere le misure si spazientisce perché servono un'altra persona prima della moglie e disdice tutto. Pochi comperano e dopo quindici minuti la maggior parte di noi è pronta a partire. Il sole è ormai basso sull'orizzonte e temiamo di fare un giro in barca in notturna. Dash ci rassicura il tramonto oggi avviene alle 18,45 ed avremo tutto il tempo per ammirare il panorama.
Bruno sta ordinando un corredo di camicie.
Finalmente alle 17,20 ci muoviamo ma Dash ci comunica che il nostro giro in barca inizierà solo alle 18 ed abbiamo il tempo per andare a vedere l'Art Scool, una presunta accademia dove attempati alunni ci mostrano i dipinti che stanno facendo su tela. Uno di loro per la curiosità di Valeria dipinge su un pezzo di carta un elefante. Quindi ci fanno accomodare per gli acquisti.
Fatto un rapido giro esco sulla strada, sta arrivando un elefante.
Il conducente si accorge del gruppo di turisti e fa mettere in posa l'animale che barrisce ed alza la proboscide. Do una mancia al conducente per la performance ed arriva un secondo animale. Nuova mancia e dopo aver fatto una serie di riprese e foto saliamo sul pullman.

L'imbarco sulla chiatta spinta da un fuoribordo avviene con 15 minuti di ritardo davanti al City Palace. Cominciamo il giro in senso antiorario. I palazzi sono illuminati dal sole ormai basso sull'orizzonte che accende il colore ocra con cui sono dipinti. Forse per la rotazione dell'asse terrestre o per una maligna influenza astrale il tramonto avviene dieci minuti prima dell'orario comunicato da Dash.

Ci dirigiamo verso l'isola di Jag Mandir. Sbarchiamo e visitiamo il complesso dove ora c'è un ristorante. Riprendiamo la barca e quando arriviamo è ormai buio. Le luci si sono accese ed il paesaggio è totalmente cambiato. Risaliamo in pullman e di lì a poche centinaia di metri chi vuole scende a passeggiare nelle vie del centro.

Centinaia di negozietti si aprono sulle strette strade. Passeggiare è pericoloso per lo sfrecciare continuo delle motociclette. Attraversare la strada che è larga pochi metri è difficile per noi, che siamo abituati ad una circolazione con un opposto senso di marcia. Istintivamente guardiamo prima a sinistra e poi a destra per attraversare. Qui bisogna fare il contrario.
Non veniamo più assillati da continue richieste di denaro ed in giro non ci sono animali, forse per l'ora tarda. Alle 20,15 fermiamo al volo un tuc-tuc, mostriamo la carta dell'albergo e contrattiamo il prezzo per la corsa. Raggiunto l'accordo l'autista inverte la marcia del veicolo e parte. Ci sembrava che il pullman in questi giorni avesse preso per raggiungere l'albergo la direzione opposta e temiamo di dover vagare qualche ora per la città. Ma non abbiamo appuntamenti, se non per la cena e in un modo o nell'altro raggiungeremo la nostra meta.
Attraversata tutta la città vecchia il mezzo a tre ruote sbuca in una rotonda che riconosciamo e imbocca la strada con l'indicazione dell'hotel.
L'autista ci porta sin davanti all'entrata. Nel pomeriggio abbiamo visto una signora scendere da una lussuosa macchina mentre il servitore le apriva lo sportello, ora noi scendiamo nello stesso punto da un trabiccolo a tre ruote.
Cena e poi a letto. Domani alle nove si ritorna in centro per vedere di nuovo i negozi e fare nuovi affari.

 

Sabato 17 marzo 2007
Non si finisce mai di comperare. Il turista nei viaggi all'estero si scatena. Regali per parenti ed amici, souvenir di un posto lontano, oggetti per lo più inutili che finiranno dimenticati in un cassetto. Il rito si ripete e non c'è verso di cambiarlo. Il gioco delle contrattazioni affascina e l'illusione di "fare un affare" è come una droga.
La maggior parte del gruppo ha passato la mattinata in centro a passeggio per le strette e trafficate vie. Questa mattina sono stato colpito da attacchi intestinali e non ho potuto allontanarmi dalla stanza.
Alle 13,30 si parte, raggiungiamo in pullman l'aeroporto.
Ringraziamo Dash che ci ha condotti per le vie dell'India con o senza scarpe, l'autista che se fosse un indiano d'America avremmo chiamato "occhio di falco" per come è riuscito a schivare gli ostacoli, l'assistente sempre pronto ad aiutarci a scendere dal pullman anche se non lo volevamo e Alex che ha risolto tutti i problemi senza perdere il sorriso.
Quando scendiamo c'è un caldo tropicale e nella sala d'aspetto i condizionatori sparano un vento gelido. I controlli per salire sull'aereo sono raddoppiati.
Atterrati a Delhi ci spostiamo col pullman dall'aeroporto per i voli nazionali a quello riservato ai voli internazionali e qui incontriamo Marianna e Carlotta che sino a questa mattina sono rimaste a Jaipur.

 

Domenica 18 marzo 2007
Alle 6,15 atterriamo a Roma e qui, solo per scendere dall'aereo veniamo sottoposti a nuovi controlli. Siamo gli ultimi e quando riusciamo a passare molti dei compagni di viaggio sono già partiti per le loro destinazioni. Un abbraccio ad Alex ed ora dopo 24 ore dalla partenza dall'albergo sto aspettando di imbarcarmi sul volo per Bologna. Sono preso da sensazioni contrastanti: la soddisfazione di aver potuto vedere una realtà multiforme così diversa dalla nostra ed il fastidio per la confusione che ancora sento.
Tanta impressione ci ha fatto vedere la mancanza delle regole igieniche di base e l'averne sperimentato le conseguenze.
Mi domando se avrò voglia di tornare ancora in India: per il momento non sono abbastanza preparato!

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