Mercoledì 15 marzo 2006

Alle sei sveglia. Le valige devono essere pronte, fuori dalle stanze alle 6,30. Alle 7,15 siamo in pullman. Il viaggio di trasferimento in aeroporto dura poco più di venti minuti, mentre per il percorso inverso abbiamo impiegato più di un'ora per fare lo stesso tragitto due sere fa. La compagnia aerea con cui voliamo (Aviacsa), obbliga a consegnare personalmente i bagagli al check-in. Completata l'operazione, entriamo nella zona protetta dopo aver passato i controlli. Cerchiamo la porta di imbarco: 7B. Leo ci aveva spiegato che l'aeroporto di Città del Messico non é ben organizzato: costruito più di sessant'anni fa, é stato ristrutturato da poco. Saliamo una scala, giriamo a destra e, seguendo i cartelli, scendiamo una rampa di scale: ci ritroviamo nella sala di riconsegna dei bagagli. Chiediamo informazioni agli addetti, mostrandogli le nostre carte di imbarco. Ci impediscono di risalire la scala e ci invitano a proseguire oltre, uscendo dalla zona protetta. Ci indicano un'altra scala da salire per ripassare i controlli e ritornare nella zona di imbarco. Decolliamo con qualche minuto di ritardo alle 9,45 e poco dopo le undici arriviamo a Tuxtla Gutierres, capitale del Ciapas dove, oltre alla spagnolo, si parla la lingua Amerinda che ha 28 diversi dialetti. Il cielo si é parzialmente annuvolato, ma quando il sole sbuca, riscalda subito l'aria che é ancora frizzante: ci troviamo a 500 metri di altezza. L'aeroporto é piccolissimo ed il nostro aereo é l'unico sulla pista.

Prendiamo posto sul pullman e proseguiamo il viaggio verso Ciapa de Corzo. Superiamo la città e poco prima di mezzogiorno arriviamo all'imbarcadero del canyon de Sumidero. Per un antico movimento tellurico la catena rocciosa si é spezzata ed il fiume si é incanalato lungo la gola. Nel punto in cui le pareti sono più alte, fra la superficie dell'acqua e la cima ci sono più di mille metri. Ci imbarchiamo, dopo aver indossato un salvagente, su uno scafo fuoribordo in vetroresina.

Prendiamo posto sui sedili disposti perpendicolarmente al senso di marcia. Il tratto di fiume che il battello percorrerà nei due sensi é lungo più di 35 chilometri. Dopo essere passata sotto il ponte della strada da cui passava la "Carrera Messicana", la barca corre veloce sull'acqua. Improvvisamente il pilota rallenta e si avvicina alla riva sinistra. Sulla riva, sotto i rami di un albero c'é un coccodrillo immobile con la bocca aperta. Dubitiamo che sia vivo e crediamo che si tratti di una imitazione in plastica preparata per i turisti.

Poco lontano la barca rallenta di nuovo per mostrarci una colonia di avvoltoi neri. Ci fermiamo ancora per guardare altri coccodrilli sempre immobili e i nostri dubbi aumentano. Poi all'improvviso uno si muove e pigramente scompare.

La gita prosegue lungo le imponenti sponde scoscese ricoperte di vegetazione.

Scorgiamo una scimmia ragno appesa ad un albero. Raggiungiamo una strana formazione rocciosa ricoperta di vegetazione, ora secca, che viene denominata l'albero di natale. Con la stagione umida i muschi riprendono il colore verde. Ritorniamo indietro e con un'unica lunga navigazione alle 14 giungiamo al punto in cui ci siamo imbarcati. Torniamo indietro e ci fermiamo nel centro di Ciapa de Corzo.

Pranziamo al ristorante Jardines de Ciapa (supa e pesce). Ci alziamo da tavola alle 15,45 dopo un servizio che ci é sembrato eterno. Appuntamento al pullman per le 16,45. Passeggiamo lungo la grande piazza del paese, tutta contornata da portici con colonne bianche e rosse e nel mezzo un giardino. Spicca un grande albero con a fianco una fontana coperta. Partiamo diretti a San Cristobal.

Dobbiamo percorrere solo 75 chilometri ma la strada é tutta in salita con curve e tornanti. Da cinquecento metri di altitudine dobbiamo salire a 2200. Il paesaggio durante la salita della sierra cambia. Il bosco di infittisce e ci appaiono le cime più alte delle montagne. Facciamo una breve sosta per dare uno sguardo a Navenciao, un piccolo paese con al centro un laghetto, per sgranchirci le gambe e far prendere fiato a chi ha sofferto per la tortuosità del viaggio. Percorriamo gli ultimi 20 chilometri e alle 18,30, superato il passo, arriviamo in vista della città. Il sole é ormai tramontato.

Dobbiamo raggiungere il centro dove si trova il nostro albergo. Le strade, strette e piene di traffico, non sono adeguate al richiamo dei turisti che il subcomandante Marcos ha provocato attraverso la propaganda del suo movimento. Ora tutti i turisti che visitano il Messico vengono nel Ciapas. Altri due pullman sono davanti a noi diretti nell'unico posto dove é possibile scaricare passeggeri e bagagli: in piazza di fianco alla cattedrale e non c'é posto per tre mezzi. Un vigile ci fa fermare sulla destra per aspettare il nostro turno mentre una colonna interminabile di auto ci supera e intasa la strada che dovremo percorrere. Passano venti minuti ed arriva finalmente il nostro turno.

Scendiamo e proseguiamo a piedi mentre un camioncino si preoccuperà di caricare i bagagli e portarli attraverso le viuzze del centro. A mala pena riusciamo a seguire Leo, rallentati dalla folla e dall'insistenza delle donne che vogliono venderci le loro merci. L'hotel Holliday Inn si trova poco lontano in via 1 del Marzo ed é situato in una vecchia costruzione in stile coloniale. Si entra in un cortile con un giardino interno in fondo al quale si trova la sala da pranzo, quindi si prosegue lungo corridoi verso altre case collegate fra loro per raggiungere le stanze. Dopo alcune piccole disavventure (qualche lenzuolo sembra già usato, l'acqua calda arriva dopo averla fatta scorrere alcuni miniti...) ci sistemiamo e ci prepariamo per la cena: l'appuntamento é per le 20,15. (tutto é piccante ed il buffet non appare particolarmente ricco). Dopo cena una passeggiata lungo le strade del paese ben illuminate. Arriviamo, passando davanti alla cattedrale ed al Municipio, sino al monastero del Carmen che ha una inconsueta torre, posta al centro della strada: consentiva il passaggio delle suore di clausura senza che si confondessero col resto della popolazione. Il convento é stato trasformato in un albergo. Le strade sono piene di locali di ritrovo. Visto il forte sviluppo impresso alla zona, si potrebbe pensare che il subcomandante Marcos, oltre che un rivoluzionario sia un formidabile operatore turistico.

Prosegui

Torna alla pagina iniziale del diario