Martedì 23 settembre 2014
Non ci volevo andare, negli Stati Uniti non ci volevo andare!
Il motivo è la lingua. Non conosco l'inglese e temo di sentirmi a disagio in un mondo dove non ho la minima possibilità di comprendere quello che la gente dice.
Questa primavera si è presentata l'occasione di partecipare ad un tour organizzato, cosa rara in questo paese che avrebbe migliorato la situazione mettendoci al riparo dalle incomprensioni, ma l'esame del programma non mi ha convinto ed ho rinunciato.
Quando nostro figlio Gherardo e Daniela, la morosa hanno proposto di accompagnarci per una settimana a New York non ho potuto più tirarmi indietro.
Ma io non volevo andarci. Era mia moglie Elisabetta che aveva deciso che quest'anno dovevamo fare un viaggio negli Stati Uniti e così siamo partiti.
La Corcovado Viaggi, la nostra agenzia di Bologna ha fissato il volo e l'albergo ed ecco che alle 7,40 l'auto della Saca è venuta a prenderci per portarci all'aeroporto.
I ragazzi ci hanno raggiunto con l'auto di Daniela che Claudio e Albertina, i suoi genitori provvedono a recuperare per non lasciarla in aeroporto.
Giuliana, la responsabile della Corcovado Viaggi, ha avuto un'idea favolosa. Dato che Elisabetta ha problemi di equilibrio e non può camminare velocemente, presentando un'adeguata certificazione, ha prenotato il servizio per l'assistenza alle persone con problemi motori. Il servizio è formidabile: personale gentile e preparato ti assiste ed accompagna. Riesci a saltare le file e sali sull'aereo per primo.
L'ausilio si rivela essere indispensabile all'aeroporto Charles De Gaulle dove in passato abbiamo rischiato più volte di perderci. Senza fatica e senza correre saliamo a bordo del Boeing 767.300 che decolla puntualissimo alle 13,30.
Ci aspettano otto ore di volo. Daniela e Gherardo sono seduti davanti a noi. Quando l'aereo sta per atterrare sulla sinistra vediamo Manhattan perfettamente illuminata dal sole.
Un angelo custode ci aspetta all'uscita dell'aereo e ci conduce attraverso una porta preferenziale per il controllo dei passaporti. L'addetta brontola, o fa finta di brontolare, con l'accompagnatore perché siamo in tre a seguire la sedia a rotelle. In questo modo riusciamo a fare l'uscita più rapida che un gruppetto abbia mai fatto. Usciamo per primi a recuperare i bagagli che sono già sul nastro trasportatore.
Meno di un'ora dopo l'atterraggio siamo fuori dall'aeroporto alla ricerca di un taxi abbastanza capiente per portarci tutti e quattro, assieme ai bagagli.
Il viaggio, velocissimo nella parte iniziale dura più di un'ora. Arrivati a Manhattan, fuori dal tunnel che attraversa il fiume Hudson rimaniamo imbottigliati.
|