Venerdì 30 ottobre 1998.

Chiuse le valigie lasciamo senza tanti rimpianti l’albergo. Saliamo in pullman ed usciamo da Parigi. Tanto per cambiare piove e soffia un vento fastidioso. Speriamo che al nostro arrivo a Chartre il cielo si rassereni, dato che verso l’orizzonte nella direzione verso cui siamo diretti appare più chiaro.

A Chartre non piove più ma soffia ancora un vento freddo che penetra sotto ai vestiti. La cattedrale é imponente e la sua sagoma si nota alcuni chilometri prima di entrare in paese. La sua costruzione é stata iniziata nel 1100. L’aspetto della facciata é inconsueto. Le torri ai lati non sono gemelle.

Quella di destra, costruita assieme all’ingresso ed al rosone, é di stile romanico mentre quella di sinistra, costruita quattro secoli più tardi é un esempio di tardo gotico con decorazioni più leggere (nel gotico si distinguono tre diversi stili che si sono susseguiti nel tempo: primitivo, raggiante, fiammeggiante).

Incontriamo la guida locale si chiama Maria Cristina, é di padre francese e di madre italiana. Ha un aspetto gioviale e paffuto e ci illustra il monumento con enfasi ed entusiasmo. Ci fa notare come tutta la decorazione della chiesa e la costruzione stessa rappresentino l’innalzarsi verso il cielo. A fianco del portale le statue sui lati raffigurano i personaggi del vecchio testamento e sono di forma allungata ed hanno un viso ieratico, sorreggono quelli del nuovo testamento, sopra ai quali sono raffigurati i simboli dei quattro evangelisti che contornano il Cristo seduto al centro sopra il portale.

Entriamo all’interno. Subito abbiamo una sensazione di eccessiva penombra ma poi ci abituiamo e le vetrate che riempiono gli spazi fra le colonne si accendono di colori splendidi. Il blu ottenuto con il cobalto da solo o unito al magnesio ed il rosso formano un insieme magnifico. Le vetrate della facciata sono originali del 1100 e sono suddivise in riquadri di un metro per un metro. Sono tre, quella posta a destra raffigurante la profezia di Isaia che racconta come dal suo ventre spunterà una gemma da cui nascerà il Salvatore. Quella centrale raffigura la nascita e la vita di Gesù mentre quella di sinistra la sua passione e resurrezione.

Le proporzioni fra le dimensioni delle colonne e gli spazi vuoti sono perfettamente equilibrate. Maria Cristina sembra trarre una particolare soddisfazione nel raccontarci che la cattedrale é più larga, più alta e più luminosa di quella di Notre Dame di Parigi.

Visitiamo la reliquia di telo di seta ritenuta miracolosa che é conosciuta come la camicia della Madonna.

Finita la visita, dopo una sosta tecnica, raggiungiamo velocemente il pullman: la prossima tappa dista 110 chilometri.

Viaggiare in gruppo costringe a programmare anche i bisogni fisici di tutti i partecipanti ed ogni visita é sempre accompagnata da una sosta idraulica. Ornella non perde un colpo, visita tutte le toilettes. Oggi, saputo che nel pullman c’é una toilette d’emergenza, non si fa sfuggire l’occasione di esplorarla.

Pranzo ad Angeres nel ristorante di un albergo che ha una sala con una vetrata che dà su un giardino interno. Ci viene servita della quiche lorraine, e della carne cucinata con fagioli, carote, piselli e patate tenera e gustosa. Il dolce che doveva essere una crema chantilly con frutta fresca si rivela una vera schifezza: al posto della crema c’é uno strano yogurt e la macedonia di frutta "fresca" che l’accompagna viene direttamente da un barattolo.

Siamo così rapidi da poter fare una passeggiata a piedi attraverso il centro di Angeres, che é in buona parte pedonalizzato. Raggiungiamo la cattedrale di cui vediamo solo l’esterno con la facciata che si erge sopra la valle, poi la fortezza pentagonale con i diciotto torrioni inglobati nelle mura.

Partiamo di nuovo. La prossima tappa dista circa 130 chilometri. Si tratta del castello di Villandry che ha la particolarità di avere inserito nei giardini un orto ornamentale composto di nove quadrati della stessa dimensione con motivi geometrici diversi.

Gli ortaggi sono scelti e disposti non per essere sfruttati come verdure da consumare, ma solamente per motivi ornamentali. L’effetto é particolare e curioso.

Completa il colpo d’occhio di insieme il giardino francese ornamentale a forma geometrica.

Arriviamo a Tour nell’ora di punta e per completare i 16 chilometri che ci separano dalla nostra meta impieghiamo più di un’ora. Dopo aver seguito i cartelli che indicano l’ubicazione del nostro albergo ci perdiamo nella periferia della città, torniamo indietro e di nuovo non riusciamo a trovare l’albergo che nessuno ha visto prima: né l’autista, né l’accompagnatore. Al terzo tentativo l’operazione riesce e finalmente arriviamo all’hotel Armonie. Al posto dei numeri, per individuare le stanze vengono usati i nomi di musicisti del passato.

Abbiamo la sgradita sorpresa di trovare un messaggio di nostra figlia che ci cerca. Il patema che proviamo é forte, viste le emozioni provate nei giorni scorsi dagli altri componenti del gruppo, ma presto scopriamo che si tratta di un problema organizzativo del convegno che la Betta ha preparato a Bologna per l’associazione di cui si occupa. Qualcuno aveva detto che non c’é due senza tre dopo l’arrivo della Finanza da Ivan: speriamo che le notizie a sorpresa in arrivo dall’Italia siano finite!

Per la cena usciamo dall’hotel e ci accomodiamo in un ristorante a fianco della stazione ferroviaria. Il nome del ristorante "Bufets" trae in inganno: qualcuno pensa di poter scegliere fra una serie di piatti già pronti. Non é così! Ci accomodiamo e come primo piatto ci vengono servite delle verdure cotte che assomigliano ad una peperonata, molto gustose e poste su una formina di pasta sfoglia. Il vino bianco Vouvray "petillante", che ordiniamo é un vino trattato secondo il "metode classique", soddisfa la Bona ma lascia poco contenti gli altri. E’ frizzante, gradevole ma con una profumazione che lo fa risultare un poco abboccato.

Per secondo arriva una fetta di carne di maiale abbastanza dura, con un contorno di... maccheroni sconditi. Vanno intinti nel sugo della carne che la ricopre.

Una fetta di semifreddo ricoperto di marmellata di lamponi termina la cena.

Due passi sino alla cattedrale gotica la cui facciata si erge in una piazza angusta ed é un esempio molto elegante di gotico fiammeggiante. La pietra é traforata come in un merletto.

Torniamo in albergo presto, domani il programma prevede la visita di tre castelli e la giornata si presenta abbastanza impegnativa.

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