Venerdì, 1 gennaio 2010

Quando facciamo colazione ci accorgiamo, guardando dalle finestre della sala, che siamo proprio di fianco all'area archeologica. Ieri sera Najib, anziché portarci subito in albergo, avrebbe potuto farci fare un breve giro in pullman: non avremmo avuto l'impressione di essere stati portati chissà dove. Percorso poco più di un chilometro in pullman raggiungiamo il tempio di Baal, massima divinità dell'olimpo palmirense che aveva due aiutanti: il dio della luna ed il dio del sole. L'imponente costruzione di forma quadrata fu trasformata dagli arabi in fortezza. Il complesso si compone di due parti: una vasta corte cinta da mura con un colonnato interno su tre lati (temenaos) ed al centro il tempio vero e proprio che ha l'ingresso posto sul lato lungo della costruzione. All'interno una sala con due nicchie alle estremità. In quella settentrionale il soffitto è sormontato da una cupola con sette busti di divinità e un anello con i dodici segni dello zodiaco, mentre quella meridionale è decorata con un motivo circolare di foglie di acanto, inserito in una serie di motivi geometrici.

A fianco dell'ingresso due architravi con bassorilievi. Uno rappresenta delle donne velate con un drappeggio stilizzato tale da sembrare una scultura moderna, mente l'altro è scolpito anche sotto e per vedere il fregio bisogna inginocchiarsi e infilare la testa o come fa una signora sdraiarsi per terra sotto il grande blocco di calcare. Un cane randagio ci tallona sperando di poter trovare un buon boccone.

Risaliamo in pullman ed andiamo alla valle delle tombe per vedere le torri funebri. Entriamo nell'unica ben conservata: la torre di Elahbel. Davanti sostano una decina di pullman e la calca dei turisti che si affannano per entrare è tanta. Dobbiamo aspettare a lungo in fila. Saliamo sino all'ultimo piano e ci affacciamo al balcone sopra il portale di ingresso, sperando di poter vedere un bel panorama. I templi sono lontani, di lato e l'altezza della torre non è sufficiente a garantire una buona visibilità. Quando scendiamo non c'è più nessuno. Gli altri pullman sono spariti, rimane solo il nostro nel parcheggio. Li ritroviamo tutti alla meta successiva: l'ipogeo dei tre fratelli, una camera funeraria sotterranea. Mi domando come mai tutti i mezzi si concentrino tutti assieme e facciano le stesse visite nello stesso momento. La risposta la trovo sulla guida e me lo conferma Najib: i siti aprono ad orari precisi e limitati nel tempo. Così per entrare, dobbiamo fare la fila anche qui. All'interno della costruzione che si divide in tre bracci c'è un gran caldo e si respira a fatica. Nel braccio centrale si trovano splendidi affreschi. Nella lunetta di fondo Ulisse riconosce Achille vestito da donna mentre tenta di fuggire dalla battaglia e dal destino che lo aspetta. Il dipinto rappresenta un invito a non temere la morte. Lungo i muri si aprono le tombe a forma di forno, dove i defunti venivano posti su più piani. Sui montanti si trovano dei medaglioni portati verso l'alto da figure alate con i ritratti dei defunti. E' vietato fotografare e chi ce lo ricorda è lì proprio per vendere il video di Palmira. Risaliamo in pullman per tornare davanti al tempio di Baal ed iniziare a percorrere il cardo della città che qui non si sviluppa con un orientamento nord-sud, ma est-ovest. Tutte le colonne che lo contornano avevano una mensola a mezz'altezza dove erano le statue che raffiguravano i benefattori che avevano contribuito alla realizzazione dell'opera. L'arco di ingresso, per raccordarsi col tempio è leggermente girato verso sud e si collega con la strada con una forma architettonica a cuneo.

Proseguiamo sino ad arrivare al teatro magnificamente conservato. Giancarlo ha deciso di proseguire in groppa ad un dromedario. Armato di frustino, segue il gruppo facendo man mano salire le signore che vogliono provare l'emozione di un giro in groppa all'animale. Scorazza avanti e indietro lungo l'agorà. La strada termina in corrispondenza del portico del Tempio funebre.

Di fianco al campo di Diocleziano troviamo il pullman ad attenderci. Un passaggio rapido in albergo per recuperare Giorgio ed andiamo a pranzo al ristorante "il Portale di Palmira". Dopo le 15 saliamo sino al castello Qala'at Ibn Maan, una fortezza araba costruita su un'altura che domina le rovine di epoca romana. Il programma dice: "Tramonto dal castello arabo dominante l'oasi". Quando ci troviamo all'ingresso Najib si ferma. "Non entriamo?". "Non ne vale la pena ma chi vuole può entrare". Così il tramonto si può vedere non dal castello ma bensì davanti al castello. Peccato che ci troviamo dal lato est e girando da quello ovest, davanti al punto in cui il sole tramonta, ci sia una collina con un traliccio sulla sua sommità. Non ci rimane che acquistare il biglietto di ingresso (75 lire siriane) e salire sino alla cima della costruzione che appare più bella vista da lontano. I blocchi di pietra usati per la sua costruzione sono stati ricavati scavando il fossato senza venire squadrati e la costruzione appare grezza.

Ma il panorama che si gode dalla sua sommità e bellissimo. Il sole illumina i colonnati e la città di Palmira a forma di scacchiera. Il cielo verso l'orizzonte è coperto di nubi dietro alle quali il sole scompare. Temendo di impiegare troppo tempo per l'impegnativa discesa cominciamo ad incamminarci per raggiungere il pullman e proprio quando arriviamo, il sole riappare tingendo il cielo di un'intensa luce rossa.

Giulio recita una poesia che ha scritto:

E' per la luna su Palmira, l'hai vista anche tu,

allora ho aperto il mio cuore.

Tu colmalo con pensieri e parole, felicità e dolore.

Porta via con te all'abbandono,

una gioia che non è mia ma tua,

perché l'ho raccolta quando l'hai abbandonata.

Torniamo in albergo poco dopo le 17. E' presto ed aspettare senza far nulla l'ora di cena, non ci piace. Prendiamo un taxi che ci porta in centro e che ci verrà a riprendere dopo un'ora. Le strade sono poco movimentate e il nostro girare per le strade non desta la minima curiosità agli abitanti. Solo i commercianti che ci invitano ad entrare nei loro negozi pieni di souvenir. Gli altri negozi non hanno molte merci esposte ed appaiono spogli. Compro uno scacciamosche: ieri ho fatto la posta a quattro mosche che svolazzavano in camera. Colpirle con un cartoncino non è stato facile. Oggi quando sono passato in albergo ne ho viste due che sono entrate quando le cameriere hanno rifatto la camera. Così mi sono attrezzato. Al mio rientro le ho centrate al volo in pochi istanti. Cena a buffet in albergo e dopo una sfida a briscola tutti a letto. Domani ci aspetta il lungo trasferimento sino a Damasco e dobbiamo svegliarci in tempo per preparare le valige.

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