Yemen

Le mille.... e sei notti e mezzo

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Martedì 11 aprile 2000

Siamo riusciti a far entrare tutto il necessario nella valigia piccola e nello zaino. La borsa che la Time Out ci ha fornito era inservibile, un lato era scucito.

Sveglia alle 5,30, alle 5,45 lasciamo fuori della camera le valige che lasciamo in albergo, facciamo colazione. Le brioche mancano, contrariamente a quanto ci aveva assicurato Margot, ma scopriamo che lei non le mangia e non poteva accorgersi se mancavano o no. Saliamo tutti nei pulmini mentre le valige sono caricate sul fuoristrada che guida Mohamed, alle 6,45 partenza.

Le strade sono semi deserte e la giornata si annuncia splendida, il sole è sorto da poco, per le strade incontriamo poche macchine e file di camion militari carichi di ragazzi di 16-18 anni che fanno il servizio di leva. Il servizio militare è obbligatorio, è fatto dai sedici ai diciotto anni e dura 24 mesi. Chi studia invece deve compiere un servizio civile di un anno al termine degli studi.

Usciamo dalla città e ci fermiamo nell’attesa della pattuglia che ci scorterà nella prima parte del viaggio. La zona che attraverseremo oggi è più tranquilla e le persone non girano armate, a parte la jambiah. Le soste ai posti di blocco si susseguono poi finalmente riusciamo a percorrere venti chilometri senza fermarci. Passiamo da un altopiano all’altro, ognuno è circondato da montagne e quando le attraversiamo la strada si presenta con curve e tornanti. Ahmed ci ha portato dei vasetti di plastica contenenti la mirra che è una resina di un albero che bruciata sui carboni ardenti emana profumo. L’incenso ha la stessa natura e si usa nello stesso modo ma dà una diversa profumazione.

Oggi la scorta è fatta dalla polizia. Gli agenti sono dotati di una macchina di tipo americano con lampeggiatori ed altoparlanti, liberano la strada apostrofando attraverso il microfono chi non lascia subito spazio ai nostri pullman per passare.

Alle nove sosta tecnica nella città di Thamar all'hotel Plaza ove occupiamo tutti i bagni dell'albergo. Siamo a novanta chilometri da Ibb, nostra prima meta e a 154 chilometri da Ta'izz nostra meta finale della giornata. Ci aspettano ancora tre ore per arrivare ad Ibb perché dobbiamo superare un passo posto a 2800 metri d’altitudine.

Nel pulmino siamo in 15: un autista, una guida, tre uomini, dieci donne occidentali non velate. Ad ogni fermata molti curiosi guardano intensamente attraverso i finestrini le occupanti del mezzo, così come noi guarderemmo una donna che in una spiaggia affollata dell'Adriatico facesse sfoggio solo di un minuscolo tanga.

Passiamo un ennesimo posto di blocco con il solito dosso rallentatore ed attraversiamo un villaggio. A fianco della strada c'è il pozzo con una pompa a motore: Questa riempie d'acqua i serbatoi posti sul cassone di alcuni camioncini, che la distribuiscono nelle case o nei campi che non hanno un pozzo proprio. E' un curioso esempio d’acquedotto virtuale!

 

Arriviamo al termine dell'altopiano, risaliamo le montagne che lo chiudono e raggiungiamo dopo una breve salita il passo di Sumara, di là dal quale i fianchi delle montagne scendono quasi a precipizio. Lungo i ripidi versanti, le terrazze costruite nei secoli passati trattengono la terra coltivabile. Alcuni ragazzini vendono dei fossili nel punto in cui ci siamo fermati per godere del panorama. Riprendiamo la strada che scende ripidamente a valle seguendo un percorso tortuoso. Alle 11,40 arriviamo al bivio che porta a Ibb, mentre la stada principale prosegue per Ta'izz. All'incrocio è posto il locale dove ritorneremo per il pranzo. La salita verzo Ibb è ripida, infatti la città si trova a 1840 metri di altitudine sul livello del mare. Qui le correnti portano più frequentemente le piogge ed attorno alla città c'è sempre il verde. Passiamo attraverso la parte nuova della città ove si sta svolgendo un animato mercato di derrate alimentari fresche, quindi i pulmini ci lasciano davanti alla città vecchia in cui circolano numerose motociclette che fungono da taxi.

Una signora scende dal pullman e chiede di poter andare al mercato per acquistare delle pesche dicendo che la visita della città non le interessa. E' buffo che una persona possa decidere di non visitare una città senza neanche conoscerla dopo avere fatto quasi cinquemila chilometri per arrivarci.

Le strade della città vecchia, strette e tortuose sono affascinanti ma rivelano la miseria delle vecchie case. Per la prima volta vediamo passare gruppi di donne tutte velate. Ragazzini vocianti, sporchi e trasandati ci seguono per tutto il tragitto. Gli abitanti provano un misto di fastidio e curiosità per la nostra presenza e si dimostrano seccati se la nostra insistenza di dilettanti fotografi supera la misura di una lecita discrezione. Un turista si distingue dalle altre persone non solo per l'abbigliamento, ma soprattutto per l'accanimento con cui fotografa.

Ritorniamo indietro e ci fermiamo a pranzare al bivio in cui siamo passati prima. Riso condito con patate e zucchine, pollo. Buone le focaccine che vengono cucinate al forno.

Partiamo diretti a Gibla. Ci scaricano prima del paese, attraversiamo un ponte in pietra e percorriamo una ripida salita al termine della quale ritroviamo i pullman che gli autisti hanno parcheggiato all'ingresso del paese. Scopriamo così che l'arrampicata, non necessaria, faceva parte del programma. "Ahmed ma perché ce l'hai fatta fare?", "Per farvi digerire meglio!"

Continuiamo a salire ed entriamo nei corridoi posti a flianco della moschea. Sbirciamo al suo interno ove non ci è permesso entrare. Giriamo tutt'attorno e passiamo a fianco dei lavabi per le abluzioni. Cerchiamo di dare il minor fastidio possibile ai fedeli che mal sopportano la nostra intrusione. Usciamo nei vicoli sopra la strada principale.

Tre asinelli stanno trasportando dei sacchi di cemento e gesso. Piccoli negozi si aprono sui vicoli, al loro interno ci sono uomini che masticano il qat

 

Il paese è bello e pittoresco ma la sporcizia regna sovrana. Un uomo esce da una porta, attorciglia i manici di un sacchetto di plastica pieno di rifiuti e lo scaglia al di là della strada verso il fondo della vallata dove scorre un misero rigagnolo. Tutti gli alberi al di là del muretto hanno sui rami, al posto dei frutti, sacchetti di plastica e per terra, oltre ai sacchetti, ci sono bottiglie ed ogni genere di rifiuti. Quando tutto quello che veniva buttato si decomponeva, l'abitudine di disfarsi così dei rifiuti poteva diventare un fatto positivo e contribuire a concimare la terra. Ora che la maggior parte di quello che si butta non si decompone, lo spettacolo è avvilente e nessuno fa niente, non solo per togliere l'immondizia, ma nemmeno per non accrescerla.

Ogni giorno quasi tutti gli abitanti consumano una dose di qat che viene venduta confezionata in sacchetti di plastica. Ad un simile ritmo presto ogni zona abitata ne verrà ricoperta.

Partiamo diretti a Ta'izz. Comincia a piovere. Lo scroscio non dura più di cinque minuti ma è di forte intensità. Abbiamo fatto appena in tempo per metterci al riparo.

Yahya, Il nostro autista, parte sempre per ultimo, poi lungo la strada comincia a superare gli altri due pullman ed arriva ad ogni meta per primo. Sembra si diverta a giocare con gli altri due autisti e voglia imporre così la propria superiorità. Quando non ci riesce allora si attarda, in modo che gli altri due pullman debbano fermarsi. Così se non riesce ad arrivare primo con la forza, ci riesce con l'astuzia.

Fra due ore saremo giunti alla meta, in totale oggi passeremo sette ore in pullman.

Il paesaggio è sempre affascinante. I pendii scoscesi delle montagne vengono addolciti dalle terrazze arate pronte per la semina che avverrà prima della piogge di luglio. Giunti a Ta'izz ci dirigiamo immediatamente al suq. Entriamo da una porta, percorriamo la via principale, poi arrivati davanti ad un negozio che vende argento ci lasciano liberi per quaranta minuti. Ognuno si affanna a comprare oggetti inutili come testimonianza del proprio viaggio in oriente. Come al solito è indispensabile contrattare anche perchè il prezzo richiesto ad un turista è sempre superiore al normale.

La maggior parte della popolazione vive nei mercati. Qui vende, compra, mangia, dorme, fuma e mastica il qat. In ogni centro abitato c'é un suk variopinto, con tanta confusione ed animato da centinaia di persone.

Alle 19 arriviamo stanchi ed impolverati all'albergo: E' il migliore di Ta'izz ma è veramente squallido. Anche se ha il bagno in camera, il televisore ed il frigorifero (vuoto e spento), ha un aspetto misero. In compenso le lenzuola sono pulite e dal soffitto pende un grande ventilatore che funziona ed alle finestre ci sono le retine per impedire l'ingresso degli insetti.

Alle 20,30 si cena. La sua qualità è pari a quella dell'albergo: modesta.

Breve passeggiata al buio perché è saltata la luce in tutto il quartiere. Fa caldo ed è umido. Ci aspetta una notte tropicale.

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