YemenLe mille.... e sei notti e mezzo |
Venerdì 14 aprile 2000
Sveglia alle 6,30 e partenza alle sette. E’ festa e molti negozi sono chiusi, il traffico è meno intenso. Usciamo velocemente dalla città e ci dirigiamo verso nord ovest. Facciamo una serie di fermate panoramiche, prima per ammirare la vista di Hamdan, poi quella di Kurza Hamdan, quindi guardiamo dall’alto della strada Hajer Said (trad.: la pietra di Said) un villaggio agricolo le cui case si confondono con la pietra. Arriviamo a Thula. Restiamo sorpresi per la bellezza della città. Per terra non ci sono immondizie, le vie sono lastronate ed incontriamo alcuni uomini che stanno lavorando per continuare la pavimentazione. E’ giorno di festa e molti stanno portando a casa un pollo ancora vivo tenendolo per le ali: sarà il pranzo del giorno di festa. Le donne raccolgono l’acqua alla cisterna per abbeverare le bestie e lavarsi. Nel posto regna un delizioso silenzio. Anche qui siamo attorniati da bambini che ci seguono e cercano di stabilire un contatto con noi usando la consueta tecnica, ma lo fanno in modo discreto e gentile.
Gli scorci del paese sono molto belli e vengo colpito dalla sindrome del fotografo impazzito. In pochi minuti rimango senza rullini. Ne cerco uno in paese, un anziano negoziante si offre di cercarmelo, mi fa cenno di aspettarlo e per potermi riconoscere al suo ritorno si toglie la cufìa e me la mette in testa. Ritorna dopo pochi minuti solo con pellicole per diapositive.
Cerco di spiegargli che non sono quelle che cerco. Ne parte un secondo che dopo poco mi porta delle pellicole con una sensibilità troppo elevata per questo sole. Mi inoltro nel paese e scopro nuove viuzze. Ritrovo il ragazzo di prima, adesso ha un rullino perfettamente corrispondente alle mie richieste. Prima avevo osservato la scadenza del primo rullino che mi aveva offerto era del 2001, questo scade addirittura nel 2002: prima si finiscono lescorte vecchie poi si iniziano le nuove. Proprio sprovveduti non sono questi yemeniti!
Una bimba mi invita a guardare il proprio negozio, ha meno di dieci anni, parla e capisce l’italiano. Ci mostra una cufìa che mi piace, chiede 500 rials. Ne offro 300, scende a 450 spiegandomi che costa 350 e deve recuperare anche le spese per il trasposto. Chiudiamo il contratto a 400. A questo punto mi chiede una penna. Sino ad ora avevo a che fare con una commerciante, adesso esce allo scoperto la bambina. Le spiego che ne ho una in pullman, mi risponde che verrà a prenderla e dice di chiamarsi Shila. Stiamo per partire e la bimba non si vede. Mi dispiacerebbe partire senza onorare la mia promessa. Torno al negozietto e gliela do mentre sta contrattando con altri due turisti. Torno indietro e quando stiamo per partire me la trovo di nuovo davanti: "la penna?" "Te l’ho già data", per un attimo il sorriso sparisce dalle sue labbra poi spiega: "E’ per mia sorella!"
Giungiamo ad Hababah. Ammiriamo affascinati la cisterna. Anche qui le donne raccolgono l’acqua e gli uomini si lavano. Attorno si affacciano case in sasso secondo lo stile locale. Non ci è consentito addentrarci fra le case. Betta fa pochi passi verso un vicolo solo per osservare meglio un punto che le piaceva. Una donna si sporge da una porta e fa cenno di non proseguire.
La prossima meta è Kawkaban ove è previsto il pranzo. E’ un paese situato a 3000 metri di altitudine. La strada per raggiungerlo è stata da poco asfaltata grazie ad un finanziamento tedesco e si inerpica per nove chilometri lungo un paesaggio irreale. Il paese è situato proprio sulla sommità del monte i cui fianchi sono tutti a strapiombo
.
Durante la rivoluzione del 1962 il paese è stato teatro di diversi scontri ed è stato bombardato. La maggior parte della case è andata distrutta.
Dalla parte opposta rispetto alla strada si trova Shibam e ne abbiamo una chiara visione dall’alto.
Anche oggi pranzo alla yemenita. Veniamo divisi in due sale, una al piano terreno con venticinque posti dotati di tavoli e sedie, l’altra al primo piano con altri sedici posti per terra. I posti a sedere vengono immediatamente occupati, probabilmente le abitudini yemenite provate ieri non sono molto piaciute e la maggior parte di noi non pensa di ripetere l’esperienza.
Le portate sono simili a quelle di ieri, sono meno numerose ma di maggior qualità. Pochi minuti per riposarsi poi di nuovo giù a capofitto per la ripidissima discesa.
A bordo del pullman da alcune ore fervono trattative e consultazioni delicate ed impegnative. Dobbiamo risolvere il problema delle mance. Prima inviamo emissari agli altri pullman, poi riceviamo a nostra volta ambasciatori. L’impegno che mettiamo nell’operazione non è minore di quello che viene usato per fissare il prezzo del barile di petrolio! Ora la situazione è ad un punto morto, differenti sono i punti di vista sulle modalità e sulle cifre. Rosanna e Graziella prendono in mano la situazione e risolvono brillantemente il problema: "Noi faremo a modo nostro!".
Appena entrati a Shibam dobbiamo fermarci per far passare un corteo funebre. Solo gli uomini accompagnano il morto che viene portato su di una specie di letto tenuto in alto con le braccia sopra la testa. Il corpo è fasciato con il lenzuolo funebre ed è ricoperto da un drappo. Verrà inumato in terra con la testa rivolta alla Mecca. Sopra al tumolo verrà posta solo una pietra se si tratta di un uomo, due se si tratta di una donna.
Nessuno andrà più al cimitero se non per un altro funerale. Trascorsi 40 giorni i parenti offriranno agli amici un pranzo in ricordo del defunto.
Shibam è molto più bella vista dall’alto, ma presenta aspetti interessanti: la porta delle vecchie mura, la moschea e l’anfiteatro roccioso che la sovrasta costellato di grotte scavate dagli ismaeliti. Alle 15,30 ripartiamo per San’a. Tutti hanno deciso di rinunciare alla visita di Tawilla per poter ritornare a visitare il quartiere vecchio della capitale. Il gruppo si divide in due una parte torna nel suk per fare altri acquisti, l’altra a cui ci aggreghiamo fa solamente un giro turistico. Ne valeva veramente la pena: l’impressione che avevamo avuto di San’a cioè di una città priva di monumenti importanti cade. Le vie e le case della città vecchia formano un insieme grande ed affascinante. Oltre ai vicoli tortuosi vi sono strade larghe e piazze sulle quali si affacciano case a più piani fatte secondo l’architettura caratteristica della città. Altrettanto interessanti sono le persone che animano le strade ed i negozi fatti solo per la gente del posto.
La nostra visita termina alle 17,45. Alle 19,45 appuntamento per la cena nello stesso ristorante dove eravamo stati il primo giorno per il pranzo. Il pane sfogliato servito caldo è sempre molto buono. Mentre per cambiare prendo un’ottima porzione d’agnello.
Alla fine della serata, grazie alle insistenze di Maria ci viene offerto un gradito fuori programma.
Passiamo lungo il corso del wadi che attraversa il centro storico, che si può percorrere in auto. Lo spettacolo è incantevole, ammiriamo le variopinte luci che filtrano dalle finestre accese. Si tratta di un magnifico finale ad effetto per il nostro viaggio.
Tutti si dirigono in camera a chiudere le valige ed a recuperare qualche ora di sonno. La sveglia è fissata per le 2,45. Il decollo dell’aereo è previsto per le 6.