Martedì
22 febbraio 2005 |
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La
notte é passata. Siamo riusciti a dormire un poco, ma la forzata immobilità
ci ha bloccati. Provo a rialzarmi. Le gambe sembrano due pezzi di legno. Alle 10 (sei
ora argentina) ci servono la colazione e poco dopo atterriamo. |
Al controllo
doganale un cartello chiede scusa per “las molestias” arrecate ai passeggeri
per l’installazione di un nuovo sistema per il controllo doganale, messo a
punto dai tecnici locali. Non troviamo molta differenza fra il disturbo che
troviamo qui da quello che si può trovare nel resto degli aeroporti. Anche
qui, se si attua un miglioramento, non lo si fa per gli utenti e con un po’
di ipocrisia spunta il fantomatico cartello da presa in giro che, in modi
diversi, recita: “stiamo lavorando per voi”. Arriva
il pullman che ci porta nell’albergo El Conquistador. si trova in centro e
dista trentacinque chilometri. Al
nostro arrivo qualcuno pensa che le camere siano già disponibili e chiede di
ritardare l’appuntamento per la visita della città. Mentre abbiamo a
disposizione solo due stanze per rinfrescarci e cambiarci. |
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Alle
nove e trenta tutti di nuovo sul pullman. Ripercorriamo a ritroso avenida 9 de
Julio e giunti all’obelisco giriamo a sinistra imboccando una delle due
diagonali che portano a plaza de Mayo. Sulla piazza si affacciano la Casa
Rosada, la Catedral Metropolitana e la Banca Argentina. |
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Il
traffico della città é chiassoso e maleodorante ma scorre con sufficiente
regolarità. Vediamo pochi ingorghi forse perché manca un mese alla fine
dell’estate e le scuole sono ancora chiuse. Il
reticolo delle strade é regolare. Si incrociano ad angolo retto formando
tanti quadrati con i lati di centotrenta metri (quadras) ciascuno. Gli
automezzi sono vetusti e per la maggior parte sono taxi. Quando partono
lasciano una nube acre di fumo nero. Nel sottosuolo si intersecano cinque
linee di metropolitana. Una breve passeggiata per le foto di rito e poi di
nuovo a bordo per attraversare il quartiere San Telmo e proseguire verso il
barrio de la Boca. Passiamo
accanto allo stadio del Club Atlético Boca Juniors e ci fermiamo in via
Garibaldi per raggiungere a piedi la via Caminito, che prende il nome da un
famoso tango diventato l’inno del quartiere. |
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La strada, lunga non più di cento
metri, é piena di artisti che espongono le loro opere in vendita e di
ballerini che chiedono un obolo per ballare e farsi fotografare dai turisti. Era il quartiere dei genovesi e
le case sono pitturate con i colori più disparati, residuo delle pitture per
le barche. |
La strada sbocca sul vecchio
porto abbandonato e maleodorante. A fianco c’é Puerto Madero costruito ai
primi del novecento, anch’esso non più utilizzato come porto commerciale. Nei
canali ora si trovano dei club nautici e nei vecchi magazzini hanno ricavato
molti ristoranti. Il terzo porto fluviale, unico funzionante,
é il Puerto Nuevo. Ci troviamo nell’estuario di un fiume largo in questo
punto quaranta chilometri e il mare ne dista quattrocento. Ritornati sul pullman
riattraversiamo il centro in direzione nord e attraversiamo il quartiere
della Recoleta per toccare quello di Palermo. La zona nord é la più bella della
città con una parte centrale di alti palazzi moderni ed una residenziale dove
si concentrano le ambasciate. Torniamo indietro e giriamo
attorno al cimitero monumentale della Recoleta prima di rientrare in albergo
a mezzogiorno. Il pomeriggio é a disposizione.
Una breve rinfrescata ed andiamo a pranzo nel ristorante che si trova al di
là della strada di fronte all’albergo. Ci servono delle stupende paillard
con una saporita insalata, patate fritte e una gustosa salsa fatta con
cipolle e pomodori tagliati a piccoli cubetti. Dopo pranzo ci fermiamo in un
negozio che vende abbigliamento di marca. La produzione é argentina ed i
prezzi sono convenienti. Contribuiamo largamente al
sostegno dell’economia locale, ma ci accorgiamo che i commessi praticano
prezzi diversi per le medesime cose. Protestiamo ma non c’é nulla da fare.
Ormai abbiamo pagato, i nostri soldi sono nelle mani della cassiera e nessuno
vuole rimediare al torto. Curiosa é l’insistenza della
cassiera nel cercare di capire quale sia la nostra guida locale. Guarda caso,
proprio lei ci aveva suggerito il negozio. Torniamo in albergo a riposare.
Desidero riprendere alcuni scorci visti dal pullman ed esco da solo
percorrendo a piedi parte del percorso fatto in pullman e le due strade pedonalizzate che si
intersecano perpendicolarmente. Vi si trovano tanti negozi di abbigliamento e
di souvenir. Davanti all’ingresso di ognuno staziona una o più persone che
invitano con insistenza ad entrare. Dopo aver fatto più di quattro
chilometri rientro e, affaticato dal caldo, mi stendo anch’io sul letto per
un’oretta. Alle 18 usciamo con Paolo e
Simonetta. Percorriamo la via pedonale Florida. Entriamo nelle Gallerias
Pacifico e fatti altri acquisti torniamo in albergo per la cena. Il
ristorante si trova al decimo piano. Mangiamo ancora carne: un muscolo tondo
arrostito e tagliato a fette alte quattro dita. Il vino che ci viene servito
non é buono. Sembra passato. Forse hanno vuotato i resti del magazzino. |
Alle nove e trenta alla Ventana
ci aspetta uno spettacolo di musica e di tango argentino. Con un extra di 40
dollari a persona assistiamo in una cantina ad un discreto spettacolo che
impegna sei ballerini, due cantanti e sei musicisti. Purtroppo per la
mortificazione del turista “no se puede filmar”. |
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Forse pensano che una spia
italiana possa vendere alla
concorrenza il video della coreografia. Rientriamo in albergo a
mezzanotte ma per noi é come se fossero le quattro del mattino. Provati, raggiungiamo le stanze e
ci buttiamo sul letto |
Mercoledì 23 febbraio 2005Alle
otto siamo nella sala al decimo piano per la colazione. Così come la cena di
ieri sera ci ha lasciati un po’ delusi, l’abbondanza e la bontà della
colazione ci stupisce: c’é ogni ben di dio. Macedonia
di frutta fresca, melone, cocomero e brioche morbide e fragranti. Limitiamo
il nostro appetito solo per ragionamento considerato che oggi nel programma
sono previsti due pasti completi. Durante
la notte é piovuto abbondantemente ma la temperatura non é diminuita. In
compenso é aumentata l’umidità e la calura diventa meno sopportabile. Il
tempo é incerto e si alternano nuvole a schiarite. |
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Alle
9,15 lasciamo l’albergo guidati da Daniela. A piedi raggiungiamo l’avenida
nove de Julio e la percorriamo verso il fiume sino al suo termine. Attraverso
la via Posatas arriviamo alla Recoleta. Abbiamo così modo di fotografare da
vicino i centenari ficus che avevamo visto ieri dal pullman. |
Una
visita alla Iglesia de Nuesta Señora de Pilar e poi, a fianco, entriamo nel
monumentale Cementerio de la Recoleta. Solo chi ha una tomba di famiglia può
esservi sepolto. Nuove cappelle non vengono più costruite. Ci sorprende nel
vedere le bare non murate ma semplicemente appoggiate dentro alle cappelle. |
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Arriviamo
alla tomba di Evita Peron. Ritorniamo sui nostri passi percorrendo ora l’avenida
Alvear e alle undici e mezza siamo di nuovo in albergo madidi di sudore. Una
rapida doccia e tutti sul pullman. Andiamo a Puerto Madero per pranzare in un
tipico locale argentino: il Madero Tango. Di tipico sembra avere solo la
carne. Si tratta di un locale nuovissimo con al centro un palcoscenico per lo
spettacolo serale di tango. Parte del pranzo é a buffet. Ci buttiamo sulle
insalate, gli stuzzichini e i contorni, abbuffandoci senza ritegno. Le
ampie vetrate del salone guardano verso le vecchie darsene e fuori il sole
picchia senza pietà. Esco
per fare alcune foto e mi sembra di entrare in un forno. Alle due e
mezza lasciamo il ristorante e ci dirigiamo verso la parte nord della città.
Passiamo piazza Colombo che si trova sul retro della Casa Rosada e
raggiungiamo il quartiere Palermo, vero polmone della città con giardini
pubblici enormi, prati verdissimi e undici laghetti artificiali. Proseguendo
lungo l’estuario del Rio della Plata raggiungiamo San Isidoro, centro
residenziale con ville esclusive. Ora meno appetibile per i frequenti e
diffusi rapimenti. Per
guardare la città di Buenos Aires ormai lontana, ci fermiamo lungo la riva in
un misero parco, dove l’unica cosa che si fa notare sono i cartelli con
numerosi divieti. La riva é rinforzata da una serie di mattonelle in cemento
che la proteggono dall’erosione delle correnti. L’acqua
é di colore marrone per la presenza di molto limo in sospensione nell’acqua. Proseguiamo
verso la località Tigre. Il cielo si é coperto e comincia a piovere. Quando
arriviamo a destinazione non piove più, il cielo é coperto e fa ancora molto
caldo. Ci imbarchiamo su un battello per visitare il delta del fiume Paranà.
Una serie di case con prati verdissimi si affacciano sui canali assieme a
ruderi di navi arenate. Si
passa da un punto perfettamente mantenuto ad un altro miseramente
abbandonato. Lungo le rive alcuni ragazzi fanno il bagno nelle acque
limacciose. |
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Le barche si incrociano continuamente.
I bagnanti praticano lo sci d’acqua o percorrono i canali a cavallo di veloci
acquascooter. Ci viene offerto un biscottino ed un caffé. Nessuno rifiuta la
bevanda anche se sa già che sarà una ciofeca: non si può dire di no, quando
una cosa viene offerta. La maggior parte di noi, dopo aver assaggiato la
scura bevanda, vuota il bicchiere fuoribordo. |
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Sembra che il
colore delle acque non dipenda tanto dal limo quanto dai caffé versati dai
turisti. Dopo
un’ora ritorniamo al punto di partenza. Rientriamo a Buenos Aires percorrendo
l’autostrada e in trenta minuti arriviamo davanti all’albergo. La maggior
parte scende, altri si fanno portare all’avenida de mayo per raggiungere il
caffé Tortoni, Paolo e Simonetta devono acquistare delle scarpe da ballo per
un’amica, così li accompagniamo. La
strada che dobbiamo raggiungere si trova dopo quattro quadras dal punto in
cui il pullman ci scarica. Incrociata
l’avenida San Juan ci aspettano ancora quattro quadras a destra, secondo
l’indicazione di una giornalaia, ma dopo averne contati dieci non siamo
ancora arrivati alla nostra meta. Finalmente
l’insegna del Neo Tango appare sulla sinistra. Entriamo
solo tre minuti prima della chiusura, ma non troviamo quello per cui eravamo
venuti. Il commesso fa finta di non capirci, cerca di rifilarci un paio di
scarpe usate e poi ci liquida. Ormai
sono stanchi e devono chiudere. Prendiamo
al volo un taxi. L’autista ha la mamma italiana nata in Sicilia sulle
Madonie, ci capisce ma non parla l’italiano. Paolo parla del Napoli e di
Maradona, che il nostro autista definisce: “mas amado que aqui”. Alle otto
siamo in albergo, il tempo di cambiarci e salire al decimo piano per la cena.
Anche stasera non riusciamo a trovare un vino che ci soddisfi. La cantina del
locale é veramente poco fornita e i camerieri non sanno cosa propinarci.
Probabilmente é una bevanda che neanche conoscono per gli alti costi. Ancora
carne ma di pollo. |
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Dopo
cena usciamo di nuovo. Chiamiamo un taxi e anche noi andiamo a vedere il
caffé Tortoni, vecchio locale sulla strada che unisce piazza de Mayo al
palazzo del Parlamento. Un brindisi e poi a letto. Domani si parte e Daniela
ha fissato la sveglia per le 5,15: dobbiamo dormire in fretta. |
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