Mercoledì 12 settembre 2007

Alle 9 partiamo. Viktorya è impegnata con le lezioni all'università e la sostituisce oggi e domani una sua allieva: Lusine. Una studentessa bruna di 21 anni che mostra un accattivante sorriso. Parla bene l'italiano ed ha studiato per un mese all'università di Perugia. Ci dirigiamo a nord est verso il lago Sevan. Attraversiamo una zona dove si estrae l'ossidiana. La strada è a quattro corsie ed il paesaggio è brullo. Quando arriviamo sul lago che si trova a 1900 metri di altitudine, appaiono i primi alberi. Proseguiamo e passiamo nella valle a fianco attraversando un tunnel di 2700 metri. Quando arriviamo dalla parte opposta la vegetazione appare lussureggiante: grandi boschi che assomigliano ai nostri dell'Appennino, con le stesse specie arboree, carpini, querce, aceri, frassini, noccioli e faggi. Mancano solamente i castagni dato che ci troviamo oltre i duemila metri. Attraversata la città di Dilijan, che si trova subito dopo il tunnel, giriamo a sinistra e cominciamo a salire lungo una stretta strada immersa nei boschi.

Arrivati ad uno spiazzo il pullman si ferma e proseguiamo a piedi. Dopo una curva scorgiamo una cappella in rovina con alcune croci fiorite in pietra e quando ci voltiamo vediamo nel verde l'affascinante complesso monastico di Haghardsin del IX e X secolo con quattro edifici: tre chiese ed il refettorio. All'esterno si trovano, molte e di varia fattura, le croci fiorite scolpite su pietra.

Torniamo al lago e alle 13,15 ci fermiamo al ristorante Recto Am che si trova proprio sotto al saltuario sulla riva del lago. Pranziamo all'aperto sulla terrazza con dell'ottimo pesce. Per digerire meglio ed in fretta saliamo i duecentoventi gradini che portano al monastero di Sevan sull'isola che adesso è unita alla terraferma da un promontorio per l'abbassamento delle acque dovuto al forte sfruttamento idroelettrico durante l'epoca sovietica.

Le due chiese sono in restauro e non è possibile visitarne l'interno. La presenza del cantiere con bidoni e teloni di plastica rovina la vista d'insieme. Proseguiamo sino alla cima del promontorio per ammirare il lago. Qui Simonetta scorge gli eleganti volteggi di un'aquila reale. Quando l'animale è scomparso lontano nel cielo, Paolo, che è riuscito a fotografarlo, ce lo mostra sul piccolo monitor della fotocamera digitale, fiero come un cacciatore col proprio trofeo di caccia. Oggi, per la prima volta da quando siamo arrivati, vediamo delle nuvole che danno al panorama una maggiore difformità. Scendiamo e raggiungiamo la spiaggia per mettere a bagno i piedi nelle trasparenti acque del lago. Un temerario sta facendo il bagno ma nessuno di noi lo imita. Ripartiamo in direzione di Yerevan e dopo pochi chilometri lasciamo l'autostrada svoltando a destra verso la città di Hrazdan, costruita dai sovietici, dove si trova la centrale idroelettrica per lo sfruttamento delle acque del lago. Giriamo a sinistra diretti a Tzachkadzor che significa valle dei fiori ed è un centro di villeggiatura per sport invernali.

Qui si trova il complesso monastico di Kecharis con quattro chiese dell'undicesimo secolo. Tre sono raggruppate, la quarta, più recente è separata, al di là della strada. Sta per aver luogo un matrimonio e gli invitati stanno aspettando gli sposi. Dopo averli visti entrare nella chiesa più grande dall'ingresso del gavit, visitiamo la quarta chiesetta e partiamo per rientrare nella capitale.

Arrivati in centro troviamo che le strade sono già bloccate per il concerto di questa sera in piazza e fatichiamo a raggiungere l'albergo. Alle 7,25 don Giancarlo celebra la Messa ed alle 20 andiamo a cena al ristorante Nardì. Quando abbiamo finito raggiungiamo la piazza. Alle luci che illuminano i palazzi si aggiungono quelle dello spettacolo. Senza automobili, con la piazza piena di gente si sta veramente bene. Solita telefonata a casa e consueto rientro a piedi in albergo.

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