Giovedì 30 settembre 2010.


Partiamo mezz'ora prima del previsto per aggiungere una visita extra al programma. Usciamo dalla capitale districandoci nel traffico ed imbocchiamo la strada che porta ad Aqaba. Dopo meno di mezz'ora di viaggio il terreno diventa arido e si spiana. Svoltiamo a destra diretti a Umm Ar-Rasas. Resti di una città romana con al centro, protetta da una tettoia, una serie di chiese con mosaici. Particolarmente interessanti quelli che si trovano nella chiesa di Santo Stefano per la rappresentazione delle città vicine. In mezzo ai ruderi un gregge di capre sta brucando la poca erba secca accompagnato da un pastore. Guido per fotografarlo meglio sale su un masso, perde l'equilibrio e nella caduta, per salvare la macchina fotografica, si graffia un polpaccio. Dalle borse delle signore esce tutto il materiale necessario per un perfetto pronto soccorso e la medicazione risulta rapida ed efficace. Ripartiamo per raggiungere la strada dei re, via carovaniera che univa i tre regni della Giordania. Attraversiamo una zona coltivata a grano con i campi arati pronti per la semina. Passiamo la città di Dhibàn e proseguiamo verso sud sino ad arrivare alla profonda valle di Mujeb, la biblica Arnon.

L'uadi Al-Mawjib la percorre ed arriva al mar Morto circa a metà della sua lunghezza. Ci fermiamo per ammirare da una terrazza l'aspra bellezza del luogo, quindi continuiamo a scendere lungo la strada che come un lungo serpente passa lungo la parete, attraversa la diga costruita di recente, che forma un bacino sul fiume, quindi risale dalla parte opposta lungo ripidi tornanti.

Passiamo la città di Al Rapa con la moschea nuova alla sinistra ed i resti romani sulla destra. La città è rappresentata nei mosaici della chiesa di Santo Stefano. Fatichiamo ad arrivare al castello di Karak che è stato costruito sulla sommità di un'altura che domina la valle che si apre sul mar Morto. Le strade sono strette e il marciapiede che stanno realizzando stringe ancor di più la carreggiata e non scoraggia gli automobilisti che parcheggiano ugualmente. Arriviamo davanti al castello dove la strada è stata chiusa formando un piccolo parcheggio riservato ai pullman: un budello dove è impossibile invertire la marcia e da cui i mezzi devono uscire in retromarcia. Il castello, pur non essendo mai stato distrutto, sembra in rovina. Nella parte superiore restano poche massicce mura non levigate mentre nel sottosuolo le gallerie si sovrappongono per sette piani. Attraversiamo vari cunicoli dei piani superiori ed usciamo più volte dai vari affacci sino a ritornare alla passerella da cui siamo entrati. Pranziamo di fronte, al King's Castle. Assaggio il mansà, piatto tipico giordano, che consiste in pezzi d'agnello cotti nello yogurt, serviti su riso pilaf. Alle 14,30 ripartiamo. Uscire dalle strette vie del centro si rivela un'impresa più difficile di quella che abbiamo fatto per entrare. Sugli ampi marciapiedi sono parcheggiate le auto ed i pedoni camminano in mezzo alla strada. Altri automobilisti abbandonano i propri mezzi agli incroci e scendono per entrare nei negozi. Per percorrere 300 metri impieghiamo mezz'ora e imbocchiamo l'autostrada diretti a Petra. Il paesaggio è sempre uguale: sassi e terra color ocra, battuti da un sole cocente, tagliati da due nastri neri di asfalto.

Alle 15,30 sosta al Midway Castle, un posto di ristoro lungo la strada formato da un grande salone con in fondo i bagni.

Gli spazi sono stati affittati a vari commercianti e così troviamo creme di bellezza, ceramiche, tappeti, ricordini. I prezzi che vengono chiesti sono esagerati per la qualità degli oggetti. Incredibili tre statue in metallo, poste su un piedistallo su cui sono in equilibrio e possono oscillare. Raffigurano un rapace che afferra al volo un serpente.

Un oggettino che non dovrebbe mai mancare in un salotto! Fa molto caldo e quando usciamo dal locale climatizzato ci sembra di entrare in un forno. Deviamo dalla strada principale per guardare l'esterno di una fortezza nabatea: Qal'at Ash-Shawbak.

Mentre sto fotografando da lontano il massiccio castello, lo sguardo mi cade su un minuscolo fiore lilla che spunta dalla terra. Tutt'attorno nulla, non un filo d'erba o un arbusto. Quel fiore nascosto nel deserto sembra ben rappresentare le bellezze di questa terra.

Facciamo una seconda sosta per osservare un bosco di querce, piccole e rade con minuscole foglie a forma di lancia a dodici lati con le punte che terminano con un aculeo. Una donna accompagna un gruppo di capre e con un bastone bacchia le ghiande affinché gli animali possano cibarsene. Il sole ormai basso sull'orizzonte illumina la valle con una calda luce, mentre la donna cerca di nascondersi alla nostra vista per evitare di essere fotografata.

Arriviamo a Siq Al-Barid, detta piccola Petra, una minuscola anticipazione di quanto vedremo domani: uno stretto passaggio che si snoda fra le rocce e arriva davanti ad una facciata con colonne e capitelli scolpiti a rilievo nella parete. Stanno preparando delle luci per una festa fra le gole e le alte rocce modellate dal vento, dalla pioggia e dall'uomo. Quando ripartiamo ormai il sole è sparito dietro le montagne così riprendiamo il nostro viaggio mentre l'osservazione del tramonto promessa da Mahmoud è rimandata al prossimo spettacolo di domani.

Quando arriviamo al nostro albergo, l'hotel Panorama, è ormai buio. Prendiamo le chiavi ed abbiamo un po' di difficoltà a capire come raggiungere le stanze dato che la costruzione, abbarbicata alla montagna, si sviluppa verso il basso. Dobbiamo prendere due ascensori: sulle buste delle chiavi è stampata una piantina del percorso da fare. L'albergo, con i corridoi che sembrano i cunicoli di una miniera e con le attrezzature degli anni 80, ha un che di vecchio e trasandato. Anziché stare qui due notti domani raggiungeremo Aqaba. Speriamo di non finire dalla padella nella brace.

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