Venerdì 1 ottobre 2010.
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Ieri Mahmoud ci ha descritto nei particolari il programma della giornata e ci ha avvertito che il percorso della visita sfiora i cinque chilometri all'andata ed altrettanti per il ritorno. Ci siamo attrezzati e preparati spiritualmente ed abbiamo davanti a noi tutta la giornata. Entrati nel sito archeologico percorriamo una strada sassosa che segue il letto asciutto di un piccolo uadi. |
Sono state ricavate due carreggiate. Una per le persone che vanno a piedi, l'altra per i cavalli e le carrozzelle. Non corriamo così il rischio, almeno per questo tratto, di venire travolti dai mezzi che comunque sollevano una fastidiosa polvere al loro passaggio. La nostra guida si sofferma davanti ai blocchi di Jinn, tre grandi monoliti squadrati in pietra ricavati, si dice, per ospitare gli spiriti: in realtà si tratta di tombe rimaste incompiute. Poco più avanti sul lato opposto della strada la tomba degli obelischi. Dopo circa quattrocento metri arriviamo al Bab as Siq, la porta che immette nella stretta gola d'accesso che si snoda fra pareti di arenaria alte più di cento metri. Una diga devia il corso del torrente in un canale scavato nella roccia e quindi in un tunnel. Lungo il sentiero, largo in alcuni punti poco più di due metri, si possono osservare nicchie votive ed i resti dell'acquedotto scavato nella roccia che portava l'acqua in città. |
Qui le carrozzelle percorrono la stessa strada dei pedoni e dobbiamo spesso dare loro la precedenza. Mahmoud dice che ne sono rimaste solo una dozzina ma sembrano tante di più. All'improvviso in fondo alla gola si scorge la facciata illuminata dal sole di al-Khaznah, il complesso conosciuto come il “tesoro del faraone”. Lo spettacolo, anche se largamente visto in tante foto, emoziona. |
Ci fermiamo, per ammirare il monumento, nello spazio che si apre davanti e facciamo provvista d'acqua. Il vento che ora spira continuo da ovest, mitiga il calore ma aumenta la nostra arsura. Proseguiamo il cammino lungo la via delle Facciate con varie soste per ammirare i monumenti che Mahmoud ci illustra: la tomba di Unayahu, decorata con un frontale greco, poi imboccato un sentiero a destra, ci mostra le case nelle grotte con soffitti multicolori dovuti alla presenza di diversi minerali sedimentati nell'arenaria. Una sosta all'ombra per gustare un the alla menta di fronte alle rovine del teatro e poi si prosegue per passare davanti alle tombe reali che formano un magnifico scenario sulla valle. Ora sono in controluce ma quando torneremo nel pomeriggio saranno illuminate perfettamente per poterle meglio fotografare. Anziché percorrere il decumano romano, sorpassato un centenario albero di pistacchi, giriamo a destra. Passiamo sul ponte che attraversa il letto asciutto del uadi e saliamo per raggiungere la chiesa bizantina a tre navate. I mosaici delle navate laterali sono del VI secolo. Passiamo davanti al tempio del leone alato. Le colonne ora a terra sembrano grosse macine ma erano collegate le une alle altre con travi di legno al centro, per formare una colonna elastica, resistente ai movimenti tellurici. Di fronte a noi verso sud al di là del decumano sorge il grande tempio nabateo iniziato alla fine del primo secolo. Alla destra, dopo la porta del Temenos a tre fornici, il Qasr al-Bint conosciuto come “il palazzo della figlia del faraone” un imponente tempio realizzato con grossi blocchi squadrati di arenaria rosa. Ci fermiamo per il pranzo accanto al museo, al ristorante Basin. Pranziamo all'aperto sotto un pergolato di tende e alberi. Alle 14 decido di seguire Sandra e Remo per raggiungere il Monastero. Betta rimane e ritornerà pian piano in pullman. |
Comincio a salire gli ottocento scalini che mi separano dalla meta. Numerosi gruppi di asini ci obbligano a fermarci e ci sorpassano di continuo trasportando i turisti che non hanno proseguito a piedi. Il paesaggio è bellissimo ma la fatica è tanta. Lo spettacolo finale mi ripaga degli sforzi. |
La discesa, per l'irregolarità degli scalini ormai consumati o rotti, si rivela particolarmente impegnativa. Dopo tre ore di cammino quasi ininterrotto, raggiungo il pullman. Bello, bellissimo: ne valeva la pena! Devo dire che tre cose mi hanno colpito sfavorevolmente: la polvere, lo sterco e le mosche! |
Alle 17,30 partenza diretti ad Aqaba. Imbocchiamo la strada che porta all'albergo dove abbiamo pernottato e ci fermiamo per osservare dall'alto il percorso che abbiamo fatto, che si vede solamente sino all'inizio della gola. Da qui in poi è perfettamente mimetizzato fra le rocce che nascondono alla vista la presenza della città. Dopo pochi minuti una seconda sosta per guardare il tramonto che ieri avevamo mancato. Oggi ci fermiamo appena in tempo: un minuto in più e avremmo dovuto aspettare lo spettacolo di domani che comunque ci dovrebbe dare uno spettacolo migliore. La strada si snoda lungo i monti che degradano piano piano. Solo pochi sterpi secchi costituiscono l'unica vegetazione presente. Quando siamo nei pressi di Aqaba vediamo sulla riva opposta del braccio di mare le luci di Eilat in Israele. Alle 20 arriviamo all'hotel Golden Tulip che si trova nel centro della città dove dovremmo fermarci due notti. Il primo impatto con la piccola hall dell'albergo sembra discreto ma poi iniziano le magagne. Betta rimane senz'acqua con i capelli insaponati. Le camere sono piccole e il livello dell'albergo risulta inferiore alle aspettative. La sala da pranzo è stata ricavata nel seminterrato e qui inizia la rivolta del gruppo che vociando esprime tutto il proprio disappunto. Facciamo una breve passeggiata attorno all'albergo in un'aria bollente. Oggi è una sera di festa e molti sono usciti di casa approfittando del momento fresco: figuriamoci domani col sole cosa sarà! |
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