Martedì 12 settembre 2017
L'appuntamento è fissato per le 8.50. Tutti pronti nella hall. Una parte del gruppo raggiungerà la porta dell'anfiteatro a piedi, l'altra in taxi. L'ingresso che dobbiamo raggiungere è dalla parte opposta, considerando l'asse principale della città, rispetto a quella dove si trova il nostro albergo e normalmente è poco usato dai gruppi dei turisti. Ma è stato scelto perché è vicino alla sede della mostra “Pompei e i Greci”, obiettivo prioritario della nostra visita. Il tempo è decisamente migliorato e la passeggiata diventa un corroborante esercizio mattutino. Alle 9.30 incontriamo la nostra guida: Serena una simpatica e preparata signora con un vestito a pois bianco e nero che si dimostra estremamente utile per il prosieguo della visita tanto da rendere superflua la bandierina in testa al gruppo. Veniamo dotati di un moderno ricevitore che ci permetterà di ascoltare le spiegazioni anche allontanandoci dal gruppo, cosa estremamente utile per me che amo fare foto e documentare con un video la nostra visita.

Senza passare per l'anfiteatro entriamo subito nei locali della mostra attorno all'antica palestra. L'esposizione documenta i frequenti contatti fra Pompei ed il mondo greco. Per la visita alla città proseguiamo lungo il percorso facilitato che ci porterà a percorrere tutta la via dell'Abbondanza sino a giungere al Foro. Ci fermiamo nelle principali case che si affacciano sulla strada lastricata con enormi pietre. Nella città non c'erano fogne interrate ma solamente a cielo aperto.

Quando pioveva le strade diventavano un fiume, per percorrerle a piedi i romani hanno costruito ai lati degli alti marciapiedi e per poterle attraversare sono stati posti dei grandi massi separati gli uni dagli altri per permettere il passaggio dei carri. Il risultato è quello di aver inventato, molto prima delle attuali, le strisce pedonali.

Serena si ferma davanti alla casa e termopolium di Vetutius Placidus spiegandoci che può essere paragonata, per le funzioni che svolgeva come negozio, ad una tavola calda.

Entriamo nella casa del Frutteto, diamo uno sguardo restando sulla strada alla casa di Fabius Amandius ed a quella di Paquio Proculo dove nel pavimento a mosaico un magnifico cane fa la guardia all'ingresso.

Poco oltre visitiamo la fullonica di Stephanus. Le fullonicae servivano sia per la finitura dei tessuti che venivano sgrassati per eliminare lo sporco formatosi durante i lavori di filatura e di tessitura, sia per la semplice lavatura e smacchiatura di vestiti.

Nella casa di Casca Longus ammiriamo la base marmorea di un tavolo con tre teste di leone. Sul lato opposto della strada vediamo l'ampio colonnato corinzio della casa di Marco Epidio Rufo sino ad arrivare all'incrocio con la via Stabiana e visitare le omonime terme

ed entrare prima nel frigidarium, poi nel tepidarium e quindi nel calidarium. Arriviamo nel foro, una grande piazza rettangolare circondata su tre lati da un porticato e chiusa nel quarto dal tempio di Giove. Uno sguardo veloce alla Basilica ed alle ore 13 usciamo dalla città da porta Marina proprio davanti al nostro albergo.

Serena ha prenotato per noi il pranzo al ristorante Suisse ma solo pochi rimangono seduti ai tavoli che ci hanno assegnato preferendo andare al self-service presente nello stesso locale, più a buon mercato. Io con Isabella, Kjell e Celeste rimaniamo, preferiamo restare seduti e farci servire dal cameriere anche a scapito di un conto salato. Nel pomeriggio è prevista la visita della villa di Oplontis che sembra sia appartenuta anche a Poppea, la seconda moglie uccisa da Nerone. La prima notizia che ci giunge, dato che non siamo più vicini al gruppo, è che si parte alle 14.30. Ma alle 14 arriva un contrordine: bisogna partire subito perché ci aspetta la guida. Raggiungiamo a piedi la stazione della circumvesuviana poco distante. Facciamo il biglietto e cominciamo ad attendere il treno. Una parte di noi non è stata avvisata per tempo e non c'è. Quando arriva in stazione è troppo tardi: il treno e già sul binario e sta per partire. Veniamo così divisi in due. Ad Oplontis rimango con Adriana in stazione per attendere chi non è riuscito a salire, mentre gli altri si dirigono alla villa per incontrare la guida. Ho così l'occasione di vedere il sistema adoperato dai ragazzi per entrare senza biglietto: arrivati all'ingresso chiamano chi è già sul binario per farsi aprire le porte di uscita. L'addetta ai biglietti, chiusa nel suo ufficio, non pensa minimamente ad intervenire e così tutti entrano gratis.

Quando la seconda parte del gruppo arriva proseguiamo per ricompattarci. La villa si trova in un'area scavata nel centro della città ad una decina di metri sotto il livello stradale attuale ed ha un'estensione sorprendente. Le varie sale si susseguono una dopo l'altra con affreschi e mosaici ben conservati.

L'unica cosa che è quasi in rovina è la copertura costruita negli anni 60 che, pericolante, è stata puntellata con una serie di ponteggi orribili. Appaiono deturpanti i manufatti in cemento aggiunti per consolidare le pareti e i soffitti. Alle 16.15 Serena ci saluta: non può trattenersi oltre perché deve andare a recuperare la figlia a scuola.

Moreno e Milena mi propongono di non scendere alla stazione di Pompei scavi e di proseguire sino al capolinea per raggiungere Sorrento. Accetto di buon grado anche se Gianluigi afferma che non c'è niente di interessante da vedere a Sorrento. Le carrozze sono piene ma con un poco di fortuna riusciamo a sederci. Il viaggio dura più di mezz'ora e farlo in piedi non sarebbe stato salutare. Poco prima dell'arrivo una piccola orchestra sale per un concerto estemporaneo. Il suono della fisarmonica accompagnato da una pianola e da un tamburello è accattivante ed è piacevole ascoltare i ragazzi che compongono il trio.

Scendiamo e facciamo un giro lungo le strade della città. È bello percorrere le strette vie della parte antica piene di negozietti e piccoli ristoranti. Una ragazza ci offre il “limoncello del nonno” decantandone la bontà.

Ne compriamo una bottiglia per offrirlo stasera ai nostri compagni di viaggio. Alle 19.30 siamo di ritorno in albergo. Gli spaghetti ai frutti di mare ed il fritto di pesce ci fanno complimentare col cuoco canterino, mentre tutti gradiscono il limoncello del nonno, poco zuccherino e molto alcolico.

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