Mercoledì 17 novembre 2010

Poco dopo le 14 il jumbo decolla e ci regala una splendida vista dall'alto di Roma. Siamo in viaggio per partecipare al tour della Cambogia e del Vietnam organizzato dall'agenzia Entour per conto dell'Arcal Rai. Abbiamo lasciato casa cinque giorni fa per stare un po' a Roma con Simonetta e Paolo, i nostri grandi amici viaggiatori: questo viaggio l'hanno già fatto otto anni fa e ne sono rimasti entusiasti. Ieri sera abbiamo raggiunto Marianna che è partita con noi. Marco il figlio maggiore, ci ha accompagnato alla stazione Tuscolana per prendere il treno diretto a Fiumicino. Ci siamo uniti al gruppo ed abbiamo ritrovato con piacere vecchi compagni di viaggio e conosciuto la nostra accompagnatrice Maria Negri. Siamo in trentaquattro. Dopo dieci ore di volo atterriamo a Bangkok, tappa intermedia per proseguire alla volta di Pnhom Penh. Abbiamo perso, col cambio di fuso sei ore ed atterriamo all'alba, mentre per il nostro fisico la notte è appena a metà. Sono riuscito ad appisolarmi due ore mentre Betta, mia moglie, non ha quasi chiuso occhio.


Giovedì 18 novembre 2010

Percorriamo a piedi un lunghissimo corridoio sopraelevato per arrivare alla porta di imbarco del secondo volo. Il cielo è appena velato da leggere nubi e si sta schiarendo. Decolliamo regolarmente diretti alla nostra meta. Ci vengono distribuiti tre diversi questionari da compilare per passare i controlli alla frontiera. Ad accoglierci ci sono quindici addetti: uno ritira i passaporti ed i questionari con le foto e passa tutto agli altri che sono seduti dietro al bancone. Compilano il visto e la ricevuta del pagamento di 20 dollari, poi passano i passaporti all'unico addetto alla cassa. Davanti a costui si assiepano tutti e l'uscita dei documenti non rispetta l'ordine con cui sono stati consegnati. Considerato poi che l'addetto non riesce a leggere bene i nostri nomi, la restituzione è alquanto laboriosa, anche perché il passaporto non viene restituito se prima non sono nelle mani del cassiere i dollari richiesti per il visto. Quando riusciamo a riavere il nostro documento, dobbiamo passare attraverso ad un varco e lasciare il secondo questionario. Mezzo foglio viene ritirato, la seconda metà viene spillata al passaporto e verrà ritirata all'uscita dal paese. Ritiriamo i bagagli che sono già arrivati. Ma non tutti sono integri. Alcuni sono stati forzati e non c'è neppure il tempo per controllare se manca qualcosa: il programma prevede l'inizio immediato delle visite. Consegniamo il terzo questionario alla dogana e usciamo. Facciamo la conoscenza di Pen Phalyka, la guida che ci porterà lungo il percorso del viaggio in Cambogia. Mentre le nostre valige proseguono per l'albergo, raggiungiamo il Museo Nazionale, edificato nel 1920, secondo lo stile locale dei palazzi reali. La costruzione sorge attorno ad un cortile interno e le sale vi si affacciano con un porticato senza essere chiuse da finestre. Fa caldo ed c'è molta umidità e le grandi pale dei ventilatori muovono l'aria per un po' di refrigerio. La disposizione dei reperti, in massima parte statue raffiguranti le divinità dell'Induismo, è semplice ed efficiente. Purtroppo non è possibile fotografare se non l'esterno della costruzione ed il cortile. La maggior parte delle statue è stata scolpita utilizzando pietra arenaria. Pen fa fermare il pullman davanti ad un ufficio di cambio all'aperto: due banconi lungo la strada. Cambio poco denaro in moneta locale perché il rapporto col turista è gestito esclusivamente in dollari. Raggiungiamo la pagoda sulla collina Wat Phnom, che sorge su un rialzo del terreno vicino al fiume. Il tempio è costituito dalla sala delle preghiere con dietro un'alta stupa bianca. Scendiamo dalla parte opposta. Qui le scimmie scendono dagli alberi incontro alle persone senza mostrare alcun timore. Raggiungiamo il ristorante Bopha Phom Pen (Fiore di..) Un grande locale all'aperto che si affaccia sul fiume. Al centro un suonatore accompagna due ragazze che danzano. Lungo il fiume grandi piroghe mosse ciascuna da un trentina di rematori si stanno allenando per la regata di domani che verrà effettuata per festeggiare il termine annuale delle lavorazioni per la coltivazione del riso. Le portate sono abbondanti e particolarmente curata è la loro presentazione ottenuta utilizzando foglie di banano.


Alle 14,30 ripartiamo diretti al Palazzo Reale e alla Pagoda d'Argento. Le nubi si sono diradate ed il sole illumina i palazzi dorati. La Sala del Trono, che si trova di fronte alla Porta della Vittoria, domina la scena. La costruzione degli edifici risale alla seconda metà dell'ottocento e si è conclusa nei primi anni del secolo successivo.

Proseguendo la visita arriviamo alla Pagoda d'Argento che deve il suo nome alle oltre 5000 piastrelle di argento che ricoprono il pavimento. Al centro della grande sala il Budda di Smeraldo realizzato nel XVII secolo in cristallo Baccarat. Tutt'attorno alla costruzione un cortile con urne e vasi fioriti. Fra di noi c'è chi ha provato a perdere una borsa e chi una telecamera, ma l'occhio attento di qualcuno ha evitato che la disattenzione si tramutasse in dramma. Alle 16 andiamo al mercato centrale. Una costruzione a più bracci raccordati da un salone sormontato da una cupola. Qui sono disposti banchi di chincaglieria, mentre tutt'attorno ogni posto disponibile è occupato da negozi di abiti e tessuti. Gli articoli ci appaiono miseri, ma ciò nonostante c'è fra di noi chi riesce a comperare qualche cosa. Dopo esserci radunati con qualche difficoltà, torniamo sul fiume là dove abbiamo pranzato. Il cielo si è rannuvolato e ora comincia a cadere qualche goccia. Temiamo che possa iniziare un forte temporale ma, dopo che ci siamo imbarcati su una vecchia chiatta in legno che ci deve portare a fare un giro lungo le sponde del fiume, la pioggia cessa. Sulla riva di fronte sono ormeggiate le barche che parteciperanno alla regata di domani. Gli equipaggi si stanno rifocillando e si preparano a passare la notte su grossi barconi che fungono da appoggio alle squadre che giungono dai vari paesi lungo il fiume. Quando alle 18 sbarchiamo è già buio e le luci lungo le rive sono tutte accese. Raggiungiamo il nostro albergo, il Phnom Penh Hotel, dove troviamo un ottimo buffet di cibi cotti lì per lì alla griglia. Terminata la cena tutti si dileguano velocemente. Questa notte abbiamo dormito poche ore e domani mattina la sveglia ci aspetta alle 6,15.


Venerdì 19 novembre 2010 Abbondante la colazione con squisiti ciambellini fritti. Alle 7,30 si parte. Ci dirigiamo a nord ovest. Usciamo dalla città dopo aver attraversato i quartieri nuovi ed imbocchiamo la strada numero cinque. Ai lati scorrono verdi campi di riso intervallati da specchi d'acqua. Alla nostra destra scorre il fiume Tonle Sap che collega il Mekong con l'omonimo lago. Durante la stagione delle piogge il fiume scorre verso il lago, mentre nella stagione secca il corso del fiume si inverte. Lo attraversiamo dopo 35 chilometri, percorrendo un ponte inaugurato quest'anno per passare sulla statale numero sei. Poco più avanti ci fermiamo per osservare da vicino un campo di loto che viene seminato sia per raccogliere i fiori ma soprattutto i frutti che contengono semi usati come dolcificante in cucina. Una seconda sosta in un posto di ristoro: specialità del luogo, oltre alle noci di anacardio, sono i ragni e i grilli fritti. Alcune donne li offrono agli avventori già preparati e ne mostrano alcuni vivi, grandi come tarantole, appoggiandoli sulla camicia. Compriamo i frutti dell'albero del pane e piccole gustose banane. Nei bagni al posto della sciacquone c'è un contenitore d'acqua con un grosso mestolo di plastica. L'assistente ha il compito di aiutare l'autista nelle manovre, pulire il pullman e lavare il tappetino della corsia. Durante il tragitto siede sul bordo di una cassa di plastica, fatta per contenere le lattine di Coca Cola, che utilizza anche come gradino a terra per agevolare la nostra discesa. Riprendiamo il nostro viaggio, Sono da poco passate le 11 e gli scolari stanno uscendo dalle lezioni a gruppi, cavalcando le loro biciclette. Alle 11,30 arriviamo alla città di Kompong Thom dove pranziamo al ristorante Arunreas. E' un po' presto per le nostre abitudini, ma questo è l'unico posto dove possiamo fermarci per arrivare alla nostra meta: il sito preangkoriano di Sambor Preikuk. Il pasto è tutto a base di piatti cambogiani. Particolarmente buono il maiale con peperoni e anacardi. In poco più di mezz'ora abbiamo terminato e partiamo alla volta dell'antica capitale Chenla del settimo secolo che dista circa venticinque chilometri, ma la strada è tutta sterrata ed il secondo tratto è pieno di buche che costringono il nostro autista a fare un'impegnativa gimcana per schivarle. Ai lati piccoli gruppi di case su palafitte con attorno i campi. Quando arriviamo davanti al complesso di templi di Prasat Sambo, comincia a piovere e ci rifugiamo dentro un tempio, sotto la porta di ingresso. La costruzione, a forma di torre quadrata, termina restringendosi verso l'alto con un'apertura, così dobbiamo ugualmente tenere gli ombrelli aperti. Nel centro del tempio è rimasto lo yoni mentre il lingam che era fissato nel centro è stato asportato. Un nugolo di ragazzini che ha seguito il pullman con le biciclette al nostro arrivo, cerca di venderci delle sciarpe e ci accompagna. Alcuni conoscono qualche parola italiana e cercano di farci da guida. Ha smesso di piovere ma le gocce cadono ugualmente dagli alberi e il terreno, zuppo d'acqua è in più punti allagato. Scegliere la strada giusta per non infilare il piede in un palmo d'acqua non è facile. Dobbiamo raggiungere a piedi il tempio di Prasat Tor con i suoi leoni guardiani. Magnifici gli architravi di arenaria con bassorilievi.

Il sito è stato occupato dai khmer rossi e sono ancora visibili i crateri delle bombe americane che hanno distrutto più di metà delle costruzioni.

Riprendiamo il pullman per raggiungere il terzo complesso: il Prasat Yeay Poeun. Avremmo dovuto fare anche questo tratto a piedi ma la piccola inondazione ce lo ha impedito. Ammiriamo un cubo quadrato in arenaria con fini sculture alla base, sulla sommità e agli angoli. Arriviamo ad un tempio torre letteralmente sormontato da un enorme albero che ha abbracciato la costruzione con le sue radici. Poco dopo le sedici cominciamo a ripercorrere la strada sterrata. Ora le buche sono piene d'acqua e rischiamo ad ogni momento di impantanarci.

Ci fermiamo al villaggio rurale che abbiamo attraversato al nostro arrivo, per percorrere a piedi la strada nel tratto fiancheggiato dalle case e curiosare nella vita dei suoi abitanti. Bimbi che cavalcano biciclette troppo grandi per loro, una madre che presa l'acqua dal pozzo, fa la doccia con un catino alla piccola figliola.

Un negozio sotto una semplice tettoia e un distributore di benzina che al posto della pompa espone una serie di bottiglie mezze piene. Tutti ci guardano con curiosità ma non ci assillano come i bimbi che ci hanno raggiunto ai templi. Riprendiamo il viaggio. Le nuvole si stanno diradando e torna a spuntare il sole illuminando gli animali che tornano nelle stalle dal pascolo. La strada che prosegue per Siem Rep, pur trafficata, è più larga e consente al nostro mezzo di proseguire più velocemente. Alle 19 arriviamo all'Empress Angkor Hotel. Un drink di benvenuto, poi abbiamo poco meno di un'ora per ripulirci e scendere al buffet.

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